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Tartufi: raccolta senza limiti, patentino e licenza annuale

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La formazione

Tartufi: raccolta senza limiti, patentino e licenza annuale

Andar per trifule? Non è un mestiere poi così fuori moda: i tartufai registrati in Italia sono circa 100mila. Non è difficile intraprendere questa attività e non richiede nemmeno particolari competenze. Almeno non proprie, poiché per trovare i tartufi è necessario avere almeno un socio, solitamente peloso, a quattro zampe e con un buon fiuto. La raccolta dei tartufi, infatti, presuppone al proprio fianco un buon cane addestrato – dallo stesso proprietario o da allevamenti specializzati -, oltre a risiedere in una zona ‘vocata’. «L’investimento iniziale per questa attività – afferma Pierantonio Botto, presidente di Atam-Associazione Trifulau Astigiani & Monferrini – è di solito alla portata di molti: si deve mettere in conto di possedere e mantenere uno o due cani, avere un’auto adatta anche al fuoristrada, poiché spesso le zone da raggiungere sono scoscese e in aperta campagna, e soprattutto molto tempo a disposizione».

Patentino e licenza

Una volta attrezzati, poi, si deve sostenere un esame e pagare una tassa per la licenza. Perché l’attività è normata dalla legge nazionale 752/85 (Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo) e dalle sue declinazioni regionali. Che occorre, ovviamente sapere e seguire, a seconda delle regioni in cui ci si muove per la raccolta. Quest’ultima, per legge, è libera nei boschi e nei terreni non coltivati. In quelli a coltura e dove vi siano delle autorizzazioni a tartufaia rilasciate dalle provincie di appartenenza si può accedere solo con specifici permessi. Ogni Regione, poi, ha restrizioni e prescrizioni particolari. Per esempio, il Piemonte è l’unica in cui è permesso raccogliere tartufi di notte. Un bel vantaggio per chi svolge di giorno un altro lavoro o non vuole immolare il week end alla ‘caccia alla trifula’.

«La tradizione piemontese di raccolta notturna era troppo forte e radicata per poterla vietare – spiega Botto –anche se di notte è più difficile e dispendioso organizzare i controlli». Anche le tasse da pagare per avere la licenza variano da regione a regione, tra gli 80 e i 200 euro all’anno. In compenso non ci sono limiti di raccolta né di quantitativi. «Solo quelli dettati dal calendario – precisa Botto –, rigidamente scandito per ogni varietà». La raccolta del bianco di Alba, per esempio, va dal 21 settembre al 21 gennaio, quella del nero estivo dal 1 giugno al 31 agosto, e così via.

Salvaguardia del territorio

«Raccogliere tartufi, però, è una passione o hobby, e non un vero mestiere – avverte Botto. Non si pensi di poter vivere di questo. Almeno non in Piemonte, dove non vi sono le quantità per farne un’attività vera e propria. Diciamo che chi vuole può arrotondare il reddito, ma la maggior parte dei tartufai lo fa per divertimento personale o per autoconsumo». La raccolta, infatti, impegna ore e a volte intere giornate, non sempre coronate dal successo o dalla qualità adeguata. La vendita dei tartufi, inoltre, è rigorosamente regolamentata dal borsino nazionale, visibile in ogni camera di commercio, stilato settimanalmente ogni mercoledì, dove i prezzi per i conferitori sono circa la metà di quelli di vendita al pubblico. «Questa settimana, per esempio, i bianchi vengono pagati tra 100-160 euro per i medio piccoli e 160-230 euro per i medio grandi». Quando le quotazioni al pubblico hanno, invece, superato i 400 euro.

In Italia ci sono circa una cinquantina di associazioni di tartufai locali, concentrate al centro e al nord, che svolgono una duplice funzione. «La nascita della associazioni – racconta Botto – risale a una trentina di anni fa, quando i Comuni hanno iniziato a organizzare manifestazioni legate ai tartufi e necessitavano di un interlocutore privilegiato per la promozione dell’evento e il conferimento dei prodotti». Ma c’è anche un secondo compito ancora più importante svolto dalle associazioni. «Ed è quello della conservazione e salvaguardia del territorio, senza i quali i tartufi scomparirebbero», conclude Botto. Pulizia dei boschi e selezione delle piante che fino a cinquant’anni fa erano affidate al lavoro dei contadini, oggi sono svolte dai cercatori di tartufi. I tuberi, infatti, per crescere e svilupparsi hanno bisogno di una zona sì alberata, ma non infestata da arbusti o altre piante non idonee alla loro crescita. Le associazioni quindi si prendono cura delle zone boschive incolte o a riposo per renderle produttive. «Chiaramente – conclude Botto – le associazioni si interessano anche delle normative che riguardano i tartufi, fornendo pareri e informando gli associati delle novità. Da dieci anni, per esempio, stiamo discutendo l’annosa questione fiscale, poiché troppi sono quelli che lavorano in nero».

La ricerca simulata per i turisti

Da qualche tempo, però, le associazioni hanno scoperto un’ulteriore attività: la promozione del territorio attraverso la ricerca simulata per i turisti. In pratica, si sotterrano alcuni tuberi in tartufaia e si parte alla ‘ricerca’ accompagnando i visitatori, per lo più stranieri. Russi, cinesi, giapponesi, australiani, americani… vanno tutti pazzi per la caccia al tartufo durante i soggiorni nelle Langhe, prenotando battute simulate o reali e pagando tra i 50 e i 100 euro all’ora a testa.

Un’attività che è diventata quasi uno sport con tornei e gare: lo scorso 10 ottobre ad Alba (Cn) si è svolta la finale di ricerca simulata, con cercatori provenienti da tutta Italia.

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