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Pecorino e Passerina, i vini Piceni trovano i nuovi mattatori

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Vino

Pecorino e Passerina, i vini Piceni trovano i nuovi mattatori

L’area vinicola del Piceno rappresenta il 50% della produzione vitivinicola delle Marche. Un dato importante, che mette in luce la valenza economica di un territorio che, per assurdo, è ancora relativamente giovane e poco conosciuto. Una realtà che senza dubbio è dovuta a ragioni storiche, nonostante la grande tradizione vinicola dell’area che comprende Ascoli Piceno, Offida e un’altra dozzina di piccoli comuni del sud delle Marche.

Percorrendo le strade del Piceno l’impressione di essere in un territorio ideale per la viticoltura è lampante: ripide colline, il mare a due passi, grandi montagne poco distanti. Eppure fino a una ventina di anni fa di viticoltura di qualità neppure l’ombra. Era il tempo di grandi produzioni di massa, l’imbottigliato era una chimera e il territorio era schiacciato a nord dalla nobiltà del Verdicchio e a sud dall’energia dirompente del Montepulciano del vicino Abruzzo.

Il pioniere del Pecorino

Come spesso è avvenuto nei territori vinicoli italiani c’era bisogno di un pioniere che tracciasse la strada, un uomo che avesse la lucidità e la lungimiranza di guardare oltre il suo presente. E nel Piceno questo uomo ha un nome e un cognome (anzi due): Guido Cocci Grifoni. E’ lui a intuire le potenzialità dei vitigni autoctoni ed è lui che apre la strada a tutti coltivando e vinificando, per primo, il Pecorino.

La scelta di produrre Pecorino e Passerina in purezza si è rivelata una scelta vincente, sia per la qualità dei risultati, ma soprattutto in chiave marketing: l’appeal di vini con questi nomi è palese a chiunque. Il “vecchio” Falerio aveva segnato forse il suo tempo: un blend di Pecorino, Passerina e Trebbiano a buon mercato. Ma qui va forse fatta una giusta puntualizzazione. Da vino bianco di punta del territorio il Falerio si è ritrovato a fare da comprimario, ma la sua immagine non va affatto trascurata. Se prodotto con metodi di qualità rimane un bel vino, equilibrato e armonico. E anche qui è doveroso citare un altro grande personaggio del luogo, Costantino Rozzi, leggendario presidente dell’Ascoli Calcio, che per primo nella sua azienda agricola decise di produrre un Falerio di grande qualità. Ma dopo la sua scomparsa avvenuta nel 1994 il panorama cambiò radicalmente.

Il Consorzio Vini Piceni

Dopo lo sviluppo impetuoso e rapido con cui nasce un giovane territorio vinicolo, trascorso l’iniziale impulso dato da singoli e illuminati personaggi, è necessario fermarsi e incominciare a costituire un’organizzazione più complessa ed efficace, capace di affrontare un mercato che negli ultimi decenni si è fatto sempre più complesso. Era quindi inevitabile la costituzione di un Consorzio di Produttori che, nel caso dei Vini Piceni, nasce nel 2002. La vera svolta, però, arriva solo pochi anni fa, con un programma d’investimenti ed espansione di grande importanza: oggi il volto del Consorzio, che si rivolge al mondo enoico italiano, è quello di Angela Velenosi (Presidente) e di Armando Falcioni (Direttore), che ci hanno colpito per non comuni doti professionali, oltre ad aver ostentato rara e sincera passione. Dietro di loro, ma non nell’ombra, i produttori che si sono affidati alla loro leadership: persone vere, entusiaste, ottimiste. Sono 35 i produttori che fanno parte del Consorzio, tra i quali 3 grandi cooperative. Rappresentano il 75% della produzione di Offida e Falerio (5 milioni di bottiglie in tutto), ma le percentuali sono simili anche per il Rosso Piceno (con 4 milioni di bottiglie).

Offida e Ripatransone sono il cuore di questo terroir, solcato da fiumi brevi che hanno scavato valli profonde, colline pendenti, argillose, che non soffrono la siccità. Le vigne sono tutte allocate in collina, qui c’è un microclima ideale che consente di identificare innumerevoli cru. I vini quindi variano per tipicità anche a distanza di pochi metri e sembrano replicare la cultura propria del luogo, in cui non è difficile parlare due dialetti differenti all’interno dello stesso comune.

Sono ben 3 le Docg (l’Offida Passerina, l’Offida Pecorino e l’Offida Rosso) e 5 le Doc (Falerio, Falerio Pecorino, Rosso Piceno, Rosso Piceno Superiore e Terre di Offida). Tra le Docg Offida (tutte nel territorio a sud-est del borgo) la Passerina rappresenta poco più di 100 ettari: un vino fragrante, semplice, piacevolissimo, floreale e fruttato. Di maggiore interesse per vantare una struttura più muscolosa e una maggiore complessità l’Offida Pecorino Docg, poco più di 250 ettari. Più piccola l’estensione della superfice vitata dell’Offida Rosso (in pratica quasi un Montepulciano in purezza): poco più di 55 ettari per questo vino gradevole e speziato.

Le zone delle Doc sono ovviamente molto più allungate: il Falerio (blend di Trebbiano d’Abruzzo, Passerina e Pecorino) e il Falerio Pecorino comprendono tutto il sud delle Marche compresa Fermo, arrivando a lambire Macerata. La Doc più estesa è senza dubbio quella del Rosso Piceno Doc (Montepulciano dal 35% all’85% e Sangiovese dal 15% al 50%) che sfocia nel centro delle Marche abbracciando anche il territorio di Ancona. La Doc Rosso Piceno Superiore invece è estremamente più contenuta, indicando una zona di produzione più vocata e di maggiore qualità, in uno spicchio di terra a sud di Offida, quasi coincidente con le Docg. Il panorama dei Vini Piceni è completato da un vino spumantizzato, le Terre di Offida Passerina Doc Spumante, il cui territorio di produzione ricalca quello delle Docg Offida.

Il fascino dei paesaggi

Ci siamo fatti un’idea ben precisa, visitando questi luoghi e assaggiando questi vini. Prima di tutto sono luoghi meravigliosi: Ascoli, Offida o Ripatransone meritano un viaggio, a prescindere dalla passione per il vino. In seconda battuta l’attività del Consorzio è dinamica e convincente: sono sulla buona strada, riusciranno in poco tempo a dare al loro territorio la giusta evidenza. Infine, ovviamente, i vini. Su tutti senza dubbio mettiamo l’Offida Pecorino Docg: ha un’identità ben delineabile e pur nella diversa interpretazione dei vari produttori, abbiamo riscontrato un filo conduttore negli assaggi, fatto di aromi fruttati e agrumati, sapidità, spunti acidi in buon equilibrio. Insomma un vino che sa rappresentare benissimo il suo territorio, anche con le sue spigolature e la sua vena tagliente.

Gli assaggi di Pecorino hanno sovrastato, in verità, quelli della Passerina, ma qui era logico aspettarselo, vista la diversa natura dell’uva di partenza: la piacevolezza e la semplicità sono il punto di forza della Passerina, che non pretende di essere diversa. Discorso a parte invece per il Rosso Piceno, assaggiato in tutte le sue declinazioni: vini corretti e ben fatti, ma non siamo riusciti a carpirne la vera identità. Il rischio che si sovrapponga al Montepulciano d’Abruzzo per il Rosso Piceno c’è. Se riuscirà a intraprendere una strada tutta sua, magari giovandosi sia del lavoro in vigna che dell’interpretazione di stile dei produttori, allora il quadro dei Vini Piceni, già oggi luminoso, sarà completo.

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