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Quanto vero olio extravergine sul mercato?

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La degustatrice d'olio

Quanto vero olio extravergine sul mercato?

«Cos’altro è l’olio extravergine se non un fresco succo di frutta, una sana spremuta di olive?». Tom Mueller è un giornalista americano che risiede in Liguria dal 2007, da quando, per un’inchiesta sul New Yorker, si è avventurato fra gli uliveti d’Italia, quelli a picco sul mare del Ponente ligure, quelli della Toscana interna, i campani, i marchigiani, i siciliani, i giganti centenari della Puglia. Non ne è più uscito: ha imparato ad annusare, a degustare e a meditare sull’olio, a riconoscere i cultivar di ogni regione. Si è documentato su metodi di spremitura e di raccolta (a mano o a terra), sui fondi europei e sui costi. Ha frequentato coltivatori devoti e agronomi scrupolosi, scoprendo che la crescita di quei frutti antichi è sempre un piccolo miracolo: «La resa di un ulivo è una curva ascendente che tende all’infinito». Dell’olio ha apprezzato ogni sfumatura aromatica: il carciofo, la mandorla, l’erba appena tagliata, il pomodoro verde, il kiwi. A ogni assaggio è stato come «passeggiare in un giardino botanico, visitare una fabbrica di profumi e fare un lungo giro in macchina tra i prati di primavera con i finestrini abbassati, tutto nello stesso momento: analisi scientifica ed edonismo tenace e sollecito, in parti uguali».

Il sublime e scandaloso mondo dell’olio d’oliva

Ma le ultime tappe del viaggio gli hanno rivelato un universo parallelo di frodi, adulterazioni e speculazioni. Quella che doveva essere un’inchiesta “spiritosa e leggera” sulle eccellenze alimentari del belpaese si è trasformata in una denuncia. E nel 2012 Mueller pubblica “Extraverginità, il sublime e scandaloso mondo dell’olio d’oliva” (Edt editore). Oggi la sua attività di studio e approfondimento continua con un sito che racconta tutta la verità sull’olio, guidando i consumatori all’acquisto e a una maggiore consapevolezza. «L’olio d’oliva è vero Made in Italy, è sapienza tradizionale e modernità. Le truffe e le contraffazioni danneggiano l’immagine italiana, soprattutto di quei produttori che con grande fatica lavorano nel rispetto delle regole». Nonostante si sia imbattuto in un’infinità di casi di sofisticazioni e di “tagli”, di strategie fraudolente per ottenere masse di olio rivendicato poi come extravergine, Mueller resta un appassionato estimatore e un autorevole intenditore di quel prodotto tipico che plasma i paesaggi del Mediterraneo e che è l’emblema dell’italianità nel mondo. Ma ha bisogno di essere tutelato.

Sul mercato il vero extravergine è poco più del 10%

«Sono fondamentali le analisi sensoriali e i panel test eseguiti da assaggiatori specializzati che invece spesso vengono tralasciati. Capita frequentemente di degustare prodotti morti, oliacci da laboratorio che hanno perso ogni virtù salutistica». Sono rancidi e quindi ossidati, con tracce di riscaldo, sfumature di salamoia, di muffa, putridi o metallici: «Di certo non succhi puri, sani e privi di difetti sensoriali. E’ difficile fare stime certe – continua Tom Mueller – ma il vero extravergine forse è solo poco più del 10% di quello che si trova sul mercato». Le etichette ci dicono molto poco, quindi l’unica possibilità che abbiamo per capire com’è l’olio che abbiamo acquistato è di aprire la bottiglia. «In molti casi le etichette sono poco veritiere e mancano di informazioni. Quando sono state raccolte le olive? E da chi? E dove esattamente? Non ci è dato saperlo».

La legge salva-olio difende (ma non abbastanza) il consumatore

Oggi spesso più che produrre si spreme e si trasforma, si manipola, si deodora, come rilevato anche in importanti indagini della Guardia di Finanza. Si compra e si vende olio sfuso. Poi si imbottigliano miscele tecnologiche. Sono più redditizie, soprattutto quando poi si esporta. «C’è un margine maggiore per le frodi verso i mercati esteri – conferma Mueller – anche se sta diventando sempre più difficile barare in Italia». Con l’approvazione della legge salva-olio Mongiello Oliverio (24 novembre 2014) i consumatori sono un po’ più tutelati: è previsto l’obbligo dell’inserimento in etichetta del termine “miscela” nel caso di un prodotto ottenuto da oli di oliva vergini ed extravergini provenienti da Paesi diversi. Rimane la possibilità di produrre liberamente olio miscelato, ma non è più consentito mentire ai consumatori. Obbligatorio anche l’utilizzo del tappo antirabbocco per le bottiglie di olio di oliva prodotte in Italia, nei ristoranti e in tutti gli esercizi pubblici italiani, come presidio di sicurezza alimentare.

Spagna 1981, le sofisticazioni avvelenano 25mila persone

Non consola che gli illeciti, come ricorda Mueller, siano un fatto storico: «Si insinuano nel commercio dell’olio da almeno 5000 anni: i documenti più antichi a noi pervenuti sull’olio d’oliva sono delle tavolette in caratteri cuneiformi, incise a Ebla nel 2400 a.C., che parlano di squadre di ispettori mandati a controllare coltivatori e frantoiani per sventarne le attività truffaldine. Ma adesso rappresentano la punta di un iceberg: non sappiamo davvero più cosa mangiamo». Se da una parte c’è chi sceglie scrupolosamente di non meccanizzare il processo di produzione oltre certi livelli, perché riduce la qualità dell’olio, dall’altra invece ci sono mercanti spregiudicati che guadagnano miliardi di euro dalla vendita di prodotto contraffatto o adulterato. E non è un deterrente nemmeno il ricordo dei danni provocati dalla sindrome dell’olio tossico che colpì la Spagna nel 1981. Più di 25mila persone furono avvelenate da falso olio d’oliva ottenuto da olio di colza denaturato con anilina, un composto altamente tossico usato nella lavorazione delle materie plastiche: 1200 decessi e migliaia di casi di danni permanenti a livello neurologico e del sistema immunitario. Molte più vittime di quelle provocate dal vino al metanolo.

Rispettare i grandi oli come i grandi vini

«Dobbiamo imparare a rispettare i grandi oli come i grandi vini», afferma Mueller che ogni anno, tra terrazzamenti e le falesie di calcare, aiuta il suo vicino contadino nella vendemmia e nella raccolta delle olive (“i due riti antichi dell’autunno”). «E a conoscerne ogni sfumatura per saperli degustare e abbinare con sapienza ai piatti che mangiamo». La ribollita ha bisogno di un fruttato inteso, la bistecca alla brace un olio con spiccata componente amara, con le carni bianche uno dai sentori dolci o vegetali (pomodoro carciofo, erba) per condire una bruschetta.  «Qual è il mio preferito?». Ci pensa qualche secondo. «Quelli del centro sud, marcati e piccanti». Ma ciò che conta è il suo valore, come spiega nella sua monografia: «Il vino incarna la vita che vorremmo, ma l’olio rappresenta la vita com’è, fruttata, pungente e con una sfumatura d’amarezza complessa, la triade sfuggente dell’extravergine».

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