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Ecco come si diventa Master of wine (i superconsulenti internazionali): le 5 regole d'oro da seguire

In tutto il mondo sono 314, e non per scarsità di vocazioni o per rischio di estinzione. Semplicemente diventare “master of wine” è difficile, costoso, faticoso (hanno ottenuto il titolo solo 78 “studenti” negli ultimi dieci anni), perché bisogna conoscere teoria e pratica nell’arte, nella scienza e nel business del vino. In Italia non c’è ancora riuscito nessuno, anche se è di buon auspicio il fatto che il londinese Institute of Masters of wine, abilitato a rilasciare il titolo, abbia scelto l’Italia – la città di Firenze, cuore di un’importante area viticola – per il suo ottavo simposio (concluso domenica 18 maggio), grazie alla partnership con l’Istituto Grandi Marchi guidato da Piero Antinori.

L’occasione del meeting (413 partecipanti da 32 Paesi, di cui 118 master of wine) è servita per cominciare a colmare qualche lacuna di cui il Belpaese-produttore non sembra essere ben cosciente: i vini italiani sono poco conosciuti dai buyer internazionali. “Ed è per questo che l’arrivo degli italiani tra i master of wine servirà anche a promuovere i nostri vini”, prevede Alessandro Torcoli, direttore della rivista Civiltà del bere, uno dei tre aspiranti tricolori al prestigioso titolo. Torcoli ha cominciato il percorso di studi due anni fa, e punta a “laurearsi” master of wine nel 2016-2017: il programma di studi, che sulla carta dura tre anni, richiede infatti mediamente un lustro, per quel 10% di iscritti che riesce ad arrivare al traguardo.

Tutti gli altri (è accaduto anche a diversi italiani in questi anni) si perdono per strada, fiaccati da seminari e masterclass da seguire in giro per il mondo, degustazioni alla cieca da superare, tesine da scrivere (in inglese), viaggi da pagare a Londra, Napa o Sidney, libri e bottiglie da comprare. Il costo della sola “retta”, alla fine del percorso di studi, si aggira sulle 12-15.000 sterline, senza contare viaggi, bottiglie, libri. Ma il traguardo – dopo aver concluso gli esami e discusso la tesi – è un titolo (non riconosciuto a livello universitario) assai prestigioso sul mercato internazionale, che può essere “speso” nel mondo del trade, delle aste vinicole, della comunicazione e marketing. Con un ritorno economico assicurato: “Tanto più in quei Paesi dove i master of wine sono pochi”, dice Torcoli. La differenza fondamentale con altri titoli, infatti, è che questo presuppone la conoscenza dei vini di tutto il mondo. Difficile dire quanto possa rendere il titolo, ma sicuramente in aree con poca concorrenza (a Londra esercitano già diversi Mow) le consulenze possono diventare assai remunerative.

Le iscrizioni si fanno online, nel mese di luglio, in autunno l’istituto rende noti i candidati che sono stati accettati. Esiste anche la possibilità di ottenere qualche borsa di studio. Chi è interessato può partecipare agli Open day a Londra, dove viene illustrato il funzionamento dei corsi (qui si può vedere un video)

Le cinque regole d’oro per diventare master of wine

Per raggiungere l’obiettivo di master of wine, Torcoli suggerisce cinque regole d’oro.

1) approfittare di tutte le occasioni per conoscere i vini del mondo, andando a fare degustazioni all’estero, comprando bottiglie in viaggio, chiedendo aiuto ad amici ed esperti. Una delle difficoltà più grandi per un aspirante master of wine italiano è infatti quella di reperire vini inglesi, sudafricani, argentini o australiani, cioè quelli su cui si baseranno gli esami.

2) costruire un gruppo di studio affiatato con cui affrontare il percorso. Visto che non ci sono lezioni e che si tratta di self-learning, avere compagni motivati e affidabili è infatti fondamentale per non mollare nei momenti di “stanca”.

3) dedicare alla preparazione del master of wine almeno due ore al giorno, tutti i giorni della settimana. Può sembrare un impegno assai gravoso, ma degustazioni e preparazione teorica lo richiedono.

4) approfondire lo studio dell’inglese “tecnico” perchè tutto – a parte la tesi finale che può essere tradotta – deve essere fatto in lingua inglese.

5) vivere il percorso con passione e dedizione, senza l’angoscia del tempo che passa. In fondo cinque anni è la durata di una (vecchia) laurea universitaria: chi non vorrebbe tornare indietro a quel periodo?

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