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Fare branding senza brand: così una pasta è blog a più voci, cinema e video-enciclopedia sulla cucina italiana

Esistono modi più sottili e più fidelizzanti di imprimere il proprio brand nella mente del potenziali clienti, rispetto a saturare le strade di cartellonistica, i talent show di product placement e i canali tv di pubblicità aspirazionali? Se lo è chiesto Emidio Mansi, quando è entrato in forza da Garofalo come direttore commerciale.

Il pastificio attivo a Gragnano dalla fine del ‘700, dopo essere stato nel ventennio simbolo dell’orgoglio autarchico (esisteva la denominazione ufficiale “pasta di qualità Garofalo” come termine di paragone) e dopo aver lavorato nel campo delle white label, dal 2002 ha ripreso a commercializzare la propria produzione con il nome originale e un nuovo packaging trasparente con logo rosso e nero.

In quel momento, racconta Mansi, era come costruire un nuovo marchio a tavolino, e la promozione era partita sui canali tradizionali già citati. Ma solo per poco: “La mia convinzione è che la qualità della comunicazione non si faccia sui numeri. La quantità non è importante, non voglio confrontarmi con quanti spot fanno gli altri: preferisco spazi unici al raggiungere 10 milioni di persone in maniera indifferenziata”.

La prima intuizione vincente è stata quella di fare un nuovo tipo di product placement cinematografico: dopo i primi film in cui i pacchi di pasta facevano da comparsa nelle scene girate da Ozpetek, Virzì e Woody Allen, il nome Garofalo ha cominciato a vedersi solo nei titoli di testa, nel ruolo di produttore di cortometraggi commissionati a Valeria Golino, Terry Gilliam, Pappi Corsicato, Alessandro Preziosi e Erri de Luca. ““Garofalo firma il cinema” è un progetto a lungo termine; l’idea è di non interrompere un’emozione piazzandoti un pacco di pasta in primo piano, ma di regalarti un’emozione”, dichiara Mansi, evidentemente soddisfatto del suo pay-off. E l’utente finale come viene coinvolto? “Attraverso concorsi che lo portano sul set. Promossa sul web, l’iniziativa già nel 2005 raccoglieva 30.000 contatti alla settimana, in un’epoca in cui non tutti avevano già afferrato che internet fosse la piazza migliore per farsi conoscere”.

“Dopo varie prove e errori, abbiamo capito che il web non è un manifesto, una bacheca su cui attacchi qualcosa e se sei fortunato qualcuno passa e legge il tuo messaggio: è un grande telefono che serve a fare comunicazione bilaterale”, continua Mansi, che spiega come si è messo lui stesso a scrivere su “tante piccole pagine invece che da una sola grande pagina”. Il manager si è dato insomma al micromanaging della comunicazione (è lui che posta in prima persona sui canali social dell’azienda), interagendo con i food blogger in “un percorso di accreditamento in cui ho messo faccia e firma, parlando delle mie passioni, anche a gamba tesa, senza essere reverenziale; non si può piacere a tutti”.

L’autorevolezza così conquistata non è poi stata usata per chiedere il favore ai nuovi amici virtuali di scrivere quant’è buona la pasta Garofalo. “Non volevo farli sentire violentati perché stavano parlando con una grande azienda; invece abbiamo instaurato una conversazione sui prodotti che ci piacciono scambiandoci opinioni e consigli”. E così è nato GentedelFud.it, raccogliendo e ospitando più di 400 blogger in un social network a cui Pasta Garofalo fornisce solo il sito (cioè il supporto tecnologico) senza poi ingerire sui contenuti, perché siano le loro varie voci a creare una mappa dell’eccellenza gastronomica italiana segnalando ingredienti, piatti tipici e ricette del territorio.

Il passo successivo è stato il debutto, lo scorso dicembre di UnforkeTable.it, “la prima video-enciclopedia del gusto”, progettata in coppia con lo chef tristellato Niko Romito (del ristorante Reale in provincia dell’Aquila). Il sito offre video-ricette filmate in maniera estremamente elegante, allo scopo di offrire una vera scuola di cucina italiana sotto la guida di uno degli chef più famosi al mondo. A parte un link, in basso a sinistra, al sito di Pasta Garofalo, la sponsorizzazione non è evidente altrove. E a parte qualche ricetta-teaser disponibile “in chiaro”, ogni lezione si paga (3 euro l’una, 25 euro per il pacchetto da 50). Sicuramente un modo originale, per non dire rischioso, di investire per far girare l’immagine di una commodity come la pasta.

Lo chef Niko Romito, tre stelle Michelin

“Ma più che di comunicazione, è un progetto imprenditoriale di una società di capitali al 50% con Niko”, risponde Mansi. “E sì, la pasta è una commodity, per contraddistinguersi bisogna renderla “esperienziale”. Ciò detto, nemmeno in queste lezioni di cucina vedrete Niko Romito aprire un pacco di rigatoni Garofalo per fare un’amatriciana”.

Tutto subliminale, ma un sito istituzionale, Pasta Garofalo ce l’ha… “Ce l’ha, ma è solo un sito di appoggio, dove posso raccontare la bella storia di un’azienda di famiglia; ma chi lo visita più di una volta il sito di una pasta?”.

Se non c’è ingaggio, nessuno.

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