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Il vino in Cina? Si vende online. Giv e Mezzacorona ci credono…

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Vino

Il vino in Cina? Si vende online. Giv e Mezzacorona ci credono (insieme ad Alibaba)

Nel giorno dedicato agli acquisti online dei single, quell’ 11/11 che porterà nelle casse di Alibaba almeno 20 miliardi di dollari, si comincia a fare qualche bilancio su quel che l’e-commerce può rappresentare per le vendite di vino italiano in Cina. Molti continuano a scommetterci, nonostante la “giornata del vino” (una replica del Singles day lanciata dal patron di Alibaba Jack Ma il 9 settembre, 9/9) non abbia dato alla fine i risultati sperati. Eppure, sottolineano operatori digitali e buyers, quella è la via da percorrere. Non solo perché i cinesi acquistano compulsivamente online ma anche per le opportunità che il mezzo offre per proporre lo storytelling essenziale in un continente ancora poco informato sul mondo enologico. E quindi le piattaforme digitali di vendita possono corredare le informazioni sui vini in offerta con foto e video delle cantine, far parlare i produttori, spiegare caratteristiche dei vitigni, spesso del tutto sconosciuti ai consumatori.

I giovani acquistano online

Sono soprattutto i giovani – quelli più attratti dal mondo del vino – ad acquistare online. E molte sono le giovani imprese che lanciano nuove piattaforme dedicate a questo settore. “In percentuale acquistano di più le donne – spiega Yanni Wu, fondatrice della piattaforma di e-commerce Penguin Guide – e cercano diversità e personalità. Per questo funzionano i siti di nicchia, che garantiscono selezioni più mirate. Bisogna essere selettivi, precisi, efficienti”.

Dopo la visita di Jack Ma in Italia nella scorsa primavera, alcune case vinicole hanno deciso di accettare la scommessa. Al momento hanno stretto accordi con Alibaba due grandi gruppi del vino italiano: Mezzacorona e Giv. Entrambi hanno aperto un flagship store monomarca su TMall, il centro commerciale virtuale del colosso di e-commerce che gestisce 400 milioni di utenti ogni giorno. “Per ora il conversion rate (il numero di visitatori virtuali che si trasformano in acquirenti, ndr) è ancora limitato – afferma Marco Pizzoli, general manager Giv a Shanghai in questi giorni a Hong Kong per la Wine & Spirits Fair- ma queste operazioni vanno valutate su tempi lunghi. Abbiamo avviato un’azione di co-branding con la Ferrero che in Cina è notissima e per il momento abbiamo fatto arrivare a Shanghai 20mila bottiglie: l’investimento complessivo è stato intorno ai 100mila euro”.

“Perché uno shop nel TMall funzioni è necessario che il brand sia conosciuto – spiega Yoshio Kamata di Schmidt Vinothek Hong Kong, catena di enoteche che vende anche etichette italiane – quindi occorre insistere con iniziative di promozione anche offline”.

L’educazione “paga”

Altrettanto importante un’opera efficace e costante di formazione. “Yang Lu, uno dei sommelier più importanti della Cina, che decide gli acquisti della catena di superlusso Shanghai-La, fino a due anni fa, quando lo abbiamo portato a Vinitaly, non aveva mai messo piede in Italia” racconta Stevie Kim, responsabile di Vinitaly International. Ora è un fan delle nostre etichette. Kim sta compiendo un lavoro di scouting per raggiungere le persone “giuste” a cui parlare dei vini italiani. E ormai il nome Vinitaly deve essere ben entrato nelle orecchie, se in una recente ricerca da parte delle tre più importanti agenzie di monitoraggio dell’e-commerce cinese in relazione al vino il marchio della fiera vinicola veronese è risultato essere il secondo brand italiano più conosciuto dopo Antinori.

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