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Majani, 220 anni di storia e quel cremino targato Fiat

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Storie di eccellenza

Majani, 220 anni di storia e quel cremino targato Fiat

«Assaggiando un cioccolatino Majani la gente apprezza il fatto che nasce dalle fave crude più pregiate che noi scegliamo e acquistiamo in giro per il mondo e poi, qui a Bologna, sbucciamo, tostiamo, frantumiamo, sciogliamo e lavoriamo esattamente come facevamo 220 anni fa?». Esordisce con una domanda la “signora del cioccolato”, Anna Majan, donna d’arte e d’azienda, che porta avanti nome e tradizione avviata dalla sua famiglia nel 1796, quando a due pass«i dalla basilica di San Petronio Teresa »Majani aprì la sua bottega, il “Laboratorio delle Cose Dolci”. Una domanda che il figlio »Francesco, la settima generazione che oggi guida (è presidente e amministratore delegato) la più antica fabbrica di cioccolato italiana continua a porsi, di fronte al prezzo di una scelta di altissima qualità che solo pochi cioccolatieri al mondo oggi difendono, perché anche i maestri artigiani più rinomati partono dalla massa di cacao, non dalle fave crude, per contenere costi e tempi.

Il clamore dei festeggiamenti per il 220° compleanno e gli innumerevoli premi (l’ultimo, recentissimo, l’Award Eurochocolate 2016 per la sfoglia nera) sembrano la risposta della comunità di golosi italiani alla domanda con cui la famiglia Majani inizia l’intervista, al dubbio di chi deve far quadrare i bilanci e razionalmente si interroga sul valore di preservare antiche tradizioni che non si traducono in Ebitda, avendo come scenario un mercato internazionale che non corre, tra mode salutistiche e concorrenza agguerrita.
«È la passione a mandare avanti da oltre due secoli questa azienda, fare la cioccolata fa bene e anche mangiarla» sorride Anna Majani, che iniziò appena maggiorenne a lavorare con il padre Francesco nella fabbrica di Crespellano, come segretaria, e dopo 60 anni è ancora pimpante nel ruolo di vicepresidente con deleghe su creatività e immagine. Con un altro Francesco, il figlio («quasi un fratello, lo ho avuto a 16 anni e siamo cresciuti assieme», racconta) a governare l’attività, riconquistata dalla famiglia nel 1985 dopo il declino seguìto alla II guerra mondiale con la cessione negli anni Settanta della maggioranza delle quote.

Un business anticiclico – oggi al sicuro nella cassaforte Majani, la VMM Finanziaria – che richiede grande dedizione e non promette facili guadagni: il fatturato viaggia da decenni attorno ai 10 milioni di euro (10,5 milioni per l’esattezza nel 2015, con 666mila euro di utile); negli 8mila metri quadrati dei due stabilimenti in Valsamoggia lavora una quarantina di persone fisse, cifra che può quasi raddoppiare nei picchi stagionali, prima delle feste; e nei tre silos di stoccaggio entrano ogni anno 870 quintali di cacao crudo – in 24 varietà diverse, come la piantagione Choronì, recentemente “adottata” nei Caraibi – che escono dalla fabbrica trasformati in 4.200 quintali di cioccolato.

Non sono i numeri, ma i racconti, le tradizioni e le vicende che la famighlia Majani si tramanda da 220 anni a restituire l’importanza di un’azienda che a Bologna custodisce la storia dell’intero Paese, «dalle campagne di Napoleone Bonaparte alla miseria dei litigi politici attuali, ma abbiamo scavallato quattro secoli e due guerre mondiali, supereremo anche questa profonda crisi di valori», non perde l’ottimismo la “signorina” (come la chiamano in azienda), mentre ripercorre le avventure del bisnonno Aldo.

Che con il passaporto dello Stato Pontificio attraversò i Ducati del Nord per andare a Torino a comprare le prime macchine a vapore, tanto da ottenere da Umberto I lo stemma della Real casa per l’avanguardistica fabbrica bolognese, insignita di medaglie alle esposizioni universali di Parigi, Vienna, Milano e chiamata per l’inaugurazione della Torre Eiffel nel 1889. E poi il 1911, data spartiacque nella storia di Majani: fu l’anno in cui l’azienda venne scelta dalla Fabbrica Italiana Automobili Torino per celebrare il lancio della Fiat Tipo 4, sbaragliando la concorrenza dei più rinomati maestri cioccolatieri piemontesi. Nacque allora il cremino a quattro strati (quattro come la Fiat 4) di crema di nocciola, mandorla e cacao.

La prelibatezza simbolo di Majani, che ancor oggi vale il 30% del fatturato aziendale, l’unico prodotto di terzi cui la casa automobilistica concede da oltre un secolo l’utilizzo del proprio marchio, con ricetta, macchinario e perfino fascetta brevettate. E proprio dal know-how del cremino arriva oggi l’ultima novità di casa Majani, “Rivelazione”, un biscottino farcito appena lanciato sul mercato.

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