E’ mattina presto e Zi Luigi (85 anni) è già nei campi. Oggi inizia il San Marzano day e sarà lui il primo ad accogliere i visitatori delle case contadine in tour nei giardini del pomodoro dop di Sarno. Degustazione in purezza del frutto appena raccolto e immancabili esclamazioni di meraviglia. Per americani, nordeuropei, giapponesi, alla ricercano dei luoghi della tipicità campana, qui è tutto uno stupore: nel giardino inaugurato lo scorso anno ai piedi del Vesuvio, studiano le antiche tecniche di coltivazione, prendono appunti e fanno pratica tra filari di rosso San Marzano, Lucariello (pomodorino giallo) e piccolo Corbarino.
In tour nei campi dell’agro sarnese-nocerino
In contrada Farricella, nei 25 ettari della Danicoop, dove spira la brezza di Castellammare e la terra viene lavorata come si faceva una volta, “in consociazione”, piantumando insieme fino a 15 ortaggi diversi, le navette fanno su e giù cariche di vip (attesi Ricky Tognazzi con Simona Izzo e Ciro Giustiniani, cabarettista dello show televisivo Made in Sud), turisti e sostenitori della causa: questo festival del San Marzano è la prima grande occasione per celebrare l’oro rosso dell’agro sarnese-nocerino, un’eccellenza agroalimentare che l’Ue non tutela. “Può essere coltivata al di fuori dell’aria geografica delimitata e non è appannaggio dei produttori italiani”, ha scritto qualche mese fa il commissario europeo per l’agricoltura, l’irlandese Phil Hogan.
I paladini del San Marzano
Ma se l’Europa non lo difende e consente, come è accaduto, la commercializzazione in Belgio di pomodori con etichetta San Marzano, ci pensano i produttori. Quei 50 contadini che riuniti nella Danicoop coltivano l’antico pomodoro, presidio Slow Food. Combattono contro la pummorala cinese e ogni altra forma di italian sounding. Li guida Paolo Ruggiero, figlio d’arte (il padre è il presidente della cooperativa agricola), appassionato paladino del San Marzano. E’ già pronto con i suoi e la Coldiretti a rivendicare la dop anche per il prodotto fresco.
“Butteglie” e “pacchetelle”
Quasi sempre, nei campi, il mestiere passa di padre in figlio. Nonni e nipoti lavorano insieme: selezionano i semi (secondo riti antichi), frantumano le zolle di terra, la solcano con i piedi. Con le mani mettono a dimora le piante, le coltivano e raccolgono i frutti. Quelli “a pacchetelle”, spaccati in due, si asciugano al sole. Gli altri, pelati, cuociono a bagnomaria immersi in fusti di ferro, pressati dentro bottiglie di birra o di gassosa. Il procedimento è più o meno lo stesso anche per i pomodori che in lattina o in vetro vengono commercializzati in tutto il mondo: il 70% della produzione Danicoop (a marchio Gustarosso) parte per l’ Australia, la Nuova Zelanda, gli Emirati Arabi e per l’Europa. Totale tracciabilità in etichetta, tre milioni di euro il fatturato.
Pizze fritte da Zi Aniello
La seconda tappa del tour è nella casetta di Zi Aniello ‘e pallin ( tutti un soprannome, spesso intraducibili): qui pizze fritte. Estrema sintesi della tradizione gastronomica partenopea, sono lo street food del dopoguerra che si vendeva nei bassi napoletani e si pagava “oggi a otto”. Pomodoro dop, farine di grano tenero e mozzarella di bufala di Pestum. All’impasto il maestro Edoardo Ore.
Polpette, gamberi di fiume e braciole in salsa
Più avanti le polpette al sugo di Zi Fernando ‘e maccaron, fusilli da Zi Ninnuccio ‘a pope, pasta di Gragnano e gamberi di fiume nella casetta di Zi Vicienz che, a 74 anni, fa anche il pescatore alle sorgenti del Sarno, dove confluiscono il Rio Palazzo, Rio Foce e Rio San Marino: in quel punto il fiume è ancora limpido. A fornelli c’è la mano di grandi chef come Raffaele Vitale, Pasquale Torrente, Lorenzo Principe. Nella casa contadina di Zi Eduard ‘e scann, il veterano della Danicoop (87 anni), il tocco è di Gaetano Cerreto: prepara le sue rinomate braciole di capra in salsa. Per dessert il biogelato al pomodoro di Giuseppe Cascella.
Il campionato dei contadini
“Volevamo attirare l’attenzione su una questione delicata che è quella della tutela delle nostre eccellenze agroalimentari e del San Marzano in particolare, vittima delle peggiori forme di contraffazione – spiega Paolo Ruggiero – prodotto perfino in California e venduto negli Stati Uniti come made in Italy. Ma questa festa è soprattutto un omaggio a nostri contadini, la nostra riconoscenza per la loro completa dedizione alla terra”. In questi giorni per la prima volta si sfidano in campionato: a fine estate vincerà chi avrà prodotto il raccolto più bello e più abbondante, mantenendo puliti i terreni.
Un nuovo progetto per le varietà di San Marzano
Per concludere il San Marzano day resta ancora da fare un giro in lontro, la tipica imbarcazione sulla quale i contadini attraversano il primo tratto del fiume, ascoltando gli antichi canti dei campi con la benedizione dei frati francescani. Poco più in là, ultima tappa nell’azienda Faraone Mennella che da 100 anni produce semi vegetali e da fiore. Insieme a Danicoop ha avviato un progetto per perfezionare le varietà di San Marzano da semi autoctoni.
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