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Asse Italia-Argentina sul food

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Asse Italia-Argentina sul food

Un nuovo inizio, una ripartenza, una svolta. Lino Barañao, ministro argentino della Scienza e della Tecnologia, assicura che l’Italia tornerà a essere un Paese importante nelle relazioni economico commerciali con l’Argentina. Gli ultimi due governi, quello di Nestor Kirchner e poi quello della moglie, Cristina Fernandez de Kirchner, non avevano favorito la fluidità dei rapporti commerciali con i Paesi della Ue. Le imprese italiane ne avevano sofferto e anche quelle argentine, internazionalizzate con l’Europa, ne avevano patito conseguenze: freno allo sviluppo, crescita tarpata. Il ministro argentino Barañao, in visita a Roma, ha incontrato i vertici di Confindustria e rilancia i rapporti bilaterali. Incontri con vari imprenditori italiani e con il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi hanno sancito l’interesse a una nuova posizione dell’Argentina verso l’Italia.
Ministro Barañao, l’Argentina ha davvero deciso di rafforzare i rapporti con l’Italia ?
Siamo qui per questo, offrire un segnale tangibile. La nostra missione è costituita di due fasi, quella industriale e quella accademica. Entrambe foriere di potenzialità interessanti per i due Paesi. Il primo passo di questo mutuo interesse è la costituzione di un fondo di 30 milioni di euro, stanziato dall’Italia, e mirato a sviluppare business nel settore agroindustriale dell’Argentina. In altre parole, il governo di Buenos Aires si impegna a individuare, sostenere e finanziare attività d’impresa in cui vi possa essere reciprocità di interesse tra i due Paesi.
Ci spieghi meglio i ruoli di Italia e Argentina in questo accordo.L’Argentina mette le materie prime, la produzione di alimenti, l’Italia il management, il buon nome di cui gode a livello mondiale nel settore alimentare. Si parte con gli alimenti e si procede con altri settori, quello infrastrutturale, delle energie rinnovabili. Sono molti i comparti in cui c’è spazio per cooperare e creare valore in forma congiunta. Negli ultimi tempi si va rafforzando la domanda di prodotti definiti “lujo responsable”, prodotti che rispettino l’ambiente e siano portatori di valori sociali.
I mercati di sbocco ?
L’Asia si impone come il mercato più interessante, quello in cui vi è una domanda di alimenti in crescita, indipendentemente dalla crisi congiunturale che attraversa la Cina. Potremmo offrire un connubio vincente: materie prime argentine e qualità italiana. La formula funzionerà senz’altro e vi sono buone ragioni per credere che relazioni doganali più fluide con l’Europa siano prodromiche a una crescita di imprese per entrambi.
L’Argentina è uno dei granai del mondo e quindi si parla sempre del settore agroindustriale. Ci sono altri ambiti in cui la cooperazione può essere rafforzata?
Certo. Quello infrastrutturale è uno di quelli con maggiori potenzialità. Si pensi alle ferrovie, ai porti, alla rete stradale. Il nostro Paese è di enormi dimensioni e l’attività portuale è già in deficit di capacità logistica. Avrebbe bisogno d’essere rafforzato e migliorato. Ci sono già grandi gruppi industriali italiani che operano in Argentina e c’è davvero molto spazio di crescita.
L’accordo con i detentori di tangobond italiani (circa 50mila) e con i fondos buitres americani è stato salutato come un cambio tangibile di “sentiment” del governo argentino verso l’Italia e gli Stati Uniti. Tuttavia permangono molte difficoltà, rigidità, burocrazie, sia alla dogana argentina sia a livello di politiche commerciali. Quando verranno snellite queste procedure così penalizzanti per le imprese?
L’apertura ci sarà, questo è certo. Il governo di Maurizio Macri deve fronteggiare una mentalità protezionistica e poco “aperturista”. Ma intende modificarla con cautela, in modo progressivo, insomma evitando liberalizzazioni selvagge, che in passato hanno gravemente danneggiato l’Argentina. Per esempio Macri cerca di tutelare l’occupazione. E favorire un ritorno alla competitività dell’Argentina e non un’ulteriore erosione.
L’Argentina patisce da molti anni un’inflazione altissima, superiore al 30 per cento. Dal nuovo governo si attendevano misure che la riducessero in tempi brevi. Invece, paradossalmente, i prezzi sono aumentati ancora di più. Perché ?
Gli aumenti sono imputabili a una revisione delle tariffe dell’energia, dei combustibili e dei trasporti. Che erano tutte sussidiate. Ora però l’inflazione dovrebbe scendere, già dal prossimo semestre.

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