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Cene all'insegna del paradosso d'autore nel ristorante amato da Cavour

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Ristoranti

Cene all'insegna del paradosso d'autore nel ristorante amato da Cavour

  • –di food24

Un incontro emozionante. All’insegna del paradosso e del contrasto. Da un lato le bollicine sublimi della seconda Plénitude di Dom Pérignon 1998, dall’altro i piatti, molto costruiti ma mai cerebrali, di Matteo Baronetto, lo chef del Cambio di Torino. La liason avviene in un luogo di storica atmosfera, la Stanza Verde del Bar Cavour, che verrà ufficialmente aperta al pubblico il 2 giugno. Dal 9 al 31 maggio sarà infatti riservata alle cene a tutta Plénitude, come l’eclettico chef de cave del Dom – Richard Geoffroy – chiama le diverse fasi di pienezza e trasformazione dei millesimati, lasciati a riposare nelle cantine di Hautvillers otto, sedici o venticinque anni.

Le “Plénitude”sono gli stadi in cui lo champagne raggiunge livelli di massima espressione. La Première Plénitude si compie dopo almeno otto anni di elaborazione, a seconda dell’annata: è il Dom Pérignon Vintage, anche detto Plénitude dell’Armonia. La Deuxième Plénitude si ottiene dopo oltre sedici anni di elaborazione: il vino è intenso, vibrante, preciso, è l’energia al suo apice. Il Dom Pérignon Plénitude 2, l’età dell’Energia. La Troisième Plénitude si raggiunge dopo almeno venticinque anni di elaborazione. La struttura del vino cresce gradualmente attraverso una lenta e profonda integrazione: è la Plénitude della Complessità.

Per le cene nella Stanza Verde Matteo Baronetto – Dépositaire Dom Pérignon – ha creato un menù che esalta l’abbinamento con Plénitude Deuxième 1998, sperimentando a propria volta paradossi e contrasti di sapori e consistenze. Poche sere fa un’emozionante anteprima: si è iniziato con un inaspettato Asparago bianco con mandorle e caviale, una rivisitazione dell’insalata (vari tipi di insalata verde e scampi incorniciati da una fettuccia di cioccolato bianco) . Il primo strizzava l’occhio alla capitale: Pappardelle cacio e pepe (ma erano tiepide e trasparenti, fatte solo di farina di riso e albume). Infine un merluzzo affumicato e piselli e il dolce 1757.

“Cinque piatti – racconta Baronetto – a confronto con una sola etichetta, un momento per dimostrare che la cucina gastronomica contemporanea e lo Champagne sono un binomio indissolubile”.

Le cene nello storico locale torinese riportato agli antichi splendori qualche anno fa da un rigoroso restauro filologico sono da un minimo di quattro a dodici ospiti, tutti riuniti in un gran tavolo imperiale, a partire da 850 euro per due persone.

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