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Troppe Dop? Il 70% dell'export solo dalle prime cinque

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Troppe Dop? Il 70% dell'export solo dalle prime cinque

L’Italia si conferma Paese leader per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg da parte dell’Unione europea, con 269 prodotti agroalimentari di qualità, 8 in più rispetto al 2013. Il fatturato sviluppato è superiore ai 7 miliardi.

Dalle 5 prime Dop il 70% dell’export

‘orse però le Denominazioni sono un po’ troppe per non ingenerare confusione. Peraltro solo le prime 5 denominazioni realizzano il 70% dell’export. Le ultime, pochi spiccioli. Nell’elenco delle Denominazioni ci sono il Grana padano e il Parmigiano reggiano insieme al Prosciutto di Parma e di San Daniele ma ci sono anche il Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese e la cozza di Scardovari.

Cereali al top

I dati relativi al bilancio 2014 fanno parte del periodico Report di Istat, da cui emerge che i settori con il maggior numero di denominazioni sono ortofrutticoli e cereali (103 prodotti), formaggi (49), oli extravergine di oliva (43) e preparazioni di carni (38). Per quanto riguarda la classifica delle Regioni, sul podio ci sono Emilia-Romagna e Veneto, rispettivamente con 41 e 36 prodotti riconosciuti.

Carta d’identità

I prodotti Dop rappresentano il meglio della qualità certificata e protetta dall’Ue: sono originari di una specifica zona geografica, presentano caratteristiche dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e vengono prodotti e trasformati esclusivamente in un delimitato territorio.  Al 31 dicembre 2014 i prodotti Dop italiani riconosciuti dall’Ue sono 161 (tre in più rispetto a un anno prima). Nel corso del 2014 il settore dei formaggi ha conseguito due nuove denominazioni, quello degli altri prodotti di origine animale ne ha ottenuta una. Le Dop attive sono 155 (due in più rispetto al 2013) mentre quelle non attive salgono da cinque a sei.

Operatori in calo

Quanto ai numeri, calano gli operatori certificati: 79.848. Sono 587 in meno rispetto al 2013 (-0,7%), di cui il 91,4% svolge esclusivamente attività di produzione e il 6,6% di trasformazione; il restante 2% effettua entrambe le attività.

Un mondo dove prevale nettamente il genere maschile, cui appartiene l’80,1% dei produttori e l’86,3% dei trasformatori. Complessivamente, segnala l’Istat, il numero dei produttori registra un calo dello 0,8% tra il 2013 e il 2014, sintesi della diminuzione registrata al Nord (-1,7%) e al Centro (-1,0%), solo parzialmente compensata dall’aumento del Mezzogiorno (+0,6%). In discesa anche il numero dei trasformatori (-3,5%), dovuto alla contrazione registrata nel Centro-nord, che supera l’aumento rilevato nel Mezzogiorno (+3,3%).

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