Food24

Vino: i Millennials americani lo comprano da Starbucks

  • Abbonati
  • Accedi
Vino

Vino: i Millennials americani lo comprano da Starbucks

Il boom del vino italiano negli Usa è trainato dalla generazione dei Millennials, quasi 70 milioni di giovani americani tra i 21 e i 38 anni. La notizie è emersa nel corso di wine2wine, il forum di Vinitaly sul business del vino che si chiude oggi a Verona.

Vendere vino in un mercato competitivo come quello Usa ”è come andare in mare aperto. Per pescare – ha detto Danny Brager, vice presidente per gli Usa dell’area beverage alcol di Nielsen – bisogna andare laddove sono i pesci. E i giovani statunitensi, la generazione Millenials, stanno trainando la ripresa del vino consumandolo a casa con gli amici o al supermercato, in locali dove si acquista e si fa al contempo l’esperienza collettiva della degustazione in modo informale”.

Acquisti informali

Si acquista e si beve vino da asporto in spiaggia, come in caffetteria: da Starbucks, ad esempio, che adesso ha la licenza di vendere vino la sera in 2mila punti vendita. “In un anno – secondo Brager – il vino da asporto è cresciuto del 3,1%, più della birra, +2,69% , e sta trainando la ripresa che coinvolge anche i superalcolici, +3,5%, in particolare cognac, whisky aromatizzati e basi da cocktail”.

Diventa quindi importante rinnovare la propria attività di marketing negli Usa, dove il 47% della persone ha Facebook come primo influencer per i propri acquisti. E ”semplicità, coerenza e onestà” sono le tre parole chiave per il successo, ha sintetizzato Brager, nel sottolineare la crescita dei consumi nelle grandi città degli States: New York in primis ma anche Detroit, Chicago, Philadelphia. In generale cresce l’importanza dei consumi di vino nella costa Est. Gli Stati Uniti, secondo dati Ifwi, nei primi sei mesi 2015 hanno importato dall’Italia 1,275 milioni di ettolitri per un valore di oltre 641 milioni di dollari, con una quota di mercato pari al 27,9% in quantità e al 32,9% a valore.

Vino italiano al Top

In questa articolata geografia, ”l’Italia è percepita come n.1 per qualità”. E il fenomeno Prosecco? Con un incremento delle vendite negli Usa del 35% a volume e del 36,5% a valore, sta trainando negli Stati Uniti le vendite (+6%) di spumanti italiani, categoria che ormai rappresenta la metà dell’export vinicolo made in Italy. La ”domanda di Prosecco – ha sottolineato Brager – supera quello di champagne tutto l’anno, tranne che nelle festività natalizie”. In generale, ha detto, ”i consumatori statunitensi amano messaggi semplici attorno al vino; sono spaventati dalla complessità e bevono quello che piace agli amici. Per chi punta all’export negli States deve perciò privilegiare la formazione dei buyer, di chi racconta il vino”.

”Se la facilità aiuta a intercettare nuovi wine lovers – ha commentato Domenico Zonin, presidente di Unione italiana vini – bisogna cambiare il tiro. Dagli anni ’80 i produttori italiani hanno inseguito l’idea del Rinascimento del settore, e forse non va più bene. Ora dobbiamo dimostrare a questi giovani consumatori che il vino non è il prodotto che bevono i loro genitori, ma è alla moda, è facile, ed è un prodotto rispettoso dell’ambiente”.

”E in tempi di cucina fusion – ha osservato il presidente di Federvini Sandro Boscaini – questa varietà è una grande potenzialità di business perché il sincretismo alimentare ben si sposa con il nostro ricco patrimonio di vitigni”.

© Riproduzione riservata