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I Comuni fanno rete contro lo spreco

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I Comuni fanno rete contro lo spreco

S.o.s. L’ambiente in pericolo chiama e i sindaci rispondono. O almeno ci provano. Così a fine 2014 è nata l’associazione sprecozero.net che ha l’ambizione di riunire tutti i comuni italiani per fare rete contro lo spreco, sia questo alimentare, idrico o energetico.
L’idea è del sindaco di Sasso Marconi (Bo) Stefano Mazzetti, dopo un incontro con Andrea Segrè di Last Minute Market, sull’onda della positiva esperienza della Carta Spreco Zero, promossa nell’ambito della campagna europea Un Anno contro lo Spreco e sottoscritta da alcune centinaia di amministrazioni italiane per ridurre gli sprechi alimentari.
Una piccola realtà quella del comune emiliano – 15mila abitanti – già campione di raccolta differenziata, che vorrebbe fare qualcosa di più per l’ambiente, ma che capisce che da soli si può fare poco.
L’obiettivo di sprecozero.net è quindi di riunire gli enti locali per fare “massa critica” e promuovere istanze e iniziative a livello nazionale ed europeo. «In tutta Italia – spiega il sindaco Mazzetti – vi sono molte efficaci esperienze nella lotta allo spreco attivate dai comuni e dagli enti locali. Tali esperienze però sono poco condivise e, generalmente, sconosciute al di fuori dei territori di riferimento. Per avere un effettivo impatto sull’ambiente e per diffondere la cultura della lotta allo spreco le iniziative devono coinvolgere territori ampi, popolazioni numerose e incidere sugli stili di vita».

Un portale per condividere le buone prassi

Buoni propositi che però si scontrano con la cronica mancanza di risorse – non solo finanziarie – dei piccoli e grandi comuni della Penisola. «Per questo è indispensabile metterci in rete – risponde Mazzetti -. Spartire saperi, buone prassi, documenti, ricerche, statistiche, confronto preventivi, modulistica, finanche le delibere comunali da copiare è un enorme passo avanti, che fa risparmiare tempo, persone e denaro. Risparmi che si moltiplicheranno con l’avvio delle pratiche anti-spreco». Il primo traguardo, pertanto, sarà quello di attivare un portale dove caricare e condividere le buone prassi di ogni comune aderente. «Cosa che avverrà – specifica Mazzetti – quando avremo raggiunto un numero minimo di soci, circa il 10% dei comuni italiani, ovvero almeno 800». Attualmente sono a quota 50, ma in continua crescita.

In campo Anci e ministero dell’Ambiente

L’idea, infatti, è stata presentata al ministero dell’Ambiente che ha già dato il proprio supporto firmando il protocollo d’intesa per promuovere l’iniziativa. Anche Anci-Associazione nazionale comuni italiani con le delegazioni regionali e Ancitel hanno accolto la proposta. Il 3 settembre sarà ufficializzata l’adesione della Regione Piemonte che si impegna a diffondere l’iniziativa presso i suoi oltre 1.000 comuni. “Ma l’associazione e il suo portale non devono essere una vetrina – ammonisce Mazzetti –, bensì un luogo dove attingere idee e informazioni concrete per attivare nei propri territori nuove ed efficaci iniziative, contenere i rischi e massimizzare le possibilità di successo”.
Aderire all’associazione non è oneroso: la quota va dai 100 euro dei comuni sotto i 15mila abitanti ai 250 euro delle municipalità più grandi. In cambio gli enti territoriali italiani hanno la possibilità di entrare in un network di amministrazioni impegnate nel corretto utilizzo delle risorse, di scambiarsi informazioni e consigli su come consolidare il proprio impegno, nonché accedere in forma agevolata a servizi di prevenzione e recupero degli sprechi, da quello energetico, di territorio, di acqua, di oggetti, di tempo, all’enorme impatto dei rifiuti indifferenziati «che, se riciclati, potrebbero diventare risorsa anziché fonte di inquinamento».
I costi di mantenimento dell’associazione? Nessuno eccetto quelli di segreteria, visto che al momento la sede è presso il Comune di Sasso Marconi e gli unici ‘lavoratori’ sono lo stesso sindaco, in qualità di presidente, ed Enzo Chiarullo, come coordinatore. Entrambi a titolo gratuito.

Stefano Mazzetti e Andrea Segré

I numeri dello spreco in Italia

Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher 2014 il valore economico dello spreco alimentare domestico italiano è di 8,1 miliardi di euro/anno. Dal punto di vista ambientale, lo spreco alimentare porta con sé gli impatti legati al consumo di risorse ambientali (acqua, suolo, energia ecc…) lungo i diversi anelli della filiera, che si sommano agli impatti generati dalla gestione dei relativi rifiuti. In Italia si stima che il 15% del consumo totale di energia sia imputabile alla filiera agroalimentare. Allo stesso tempo altra energia viene utilizzata per smaltire ingenti quantità di rifiuti e scarti. Per “Il libro verde degli sprechi alimentari in Italia” circa il 3% dei consumi finali di energia (l’equivalente dei consumi finali di 1.650.000 italiani) sono attribuibili allo spreco alimentare dal campo alla tavola (fonte: Elaborazione Università di Bologna), che corrisponde a circa 3,6 milioni di tonnellate di cibo all’anno (dati LMM, 2011) e comporta l’emissione di circa 3,4 milioni di tonnellate di CO2 (oltre 5 considerando anche le emissioni legate allo smaltimento dei relativi rifiuti. Fonte: Elaborazione Università di Bologna su dati LMM 2011, Enea 2011 e ENI).

Un’impronta idrica troppo alta

Ma lo spreco non è solo alimentare. C’è anche quello idrico. Per il rapporto “Acqua in bocca: quello che il cibo non dice sull’impronta idrica” preparato dal Wwf lo scorso 22 marzo (giornata mondiale dell’acqua), l’impronta idrica in Italia, cioè la quantità di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, è pari a 132 miliardi di metri cubi l’anno, 6.309 litri pro capite al giorno. Siamo il terzo importatore netto di acqua virtuale al mondo (62 miliardi di metri cubi l’anno), dopo Giappone e Messico e prima di Germania e Regno Unito. In Italia ogni anno si sprecano 706 milioni di metri cubi di acqua a causa del cibo inutilizzato. L’impronta idrica dell’Italia è del 66% più alta della media mondiale (1.385 metri cubi pro capite l’anno). E tra le principali economie non europee l’Italia si colloca al vertice dei consumi pro capite, dopo Stati Uniti, Canada e Australia.
E vogliamo tacere lo spreco energetico? Facciamo solo due esempi. Lo spreco nel settore agroalimentare in Italia induce uno spreco di energia pari a quella necessaria a riscaldare per un anno 730mila abitazioni di classe A. Mentre, restando in tema riscaldamento, da un documento pubblicato dal Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio (Cresme) nel 2014, l’Italia spende 45,2 miliardi di euro per i consumi termici ed elettrici nelle abitazioni, 1,3 miliardi per le scuole, 644 milioni per il direzionale pubblico, per un totale di circa 47 miliardi di euro. Dall’edilizia alla produzione, dai trasporti ai servizi, emerge netta la necessità di una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e di una riduzione dei consumi

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