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Valeria Piccini: le materie prime sono il nostro petrolio

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Valeria Piccini: le materie prime sono il nostro petrolio

“Quando nel 1991 il postino mi consegnò il telegramma con cui mi veniva annunciata l’assegnazione della prima stella Michelin, credevo avessero sbagliato indirizzo. Poi, rileggendo bene, vidi che sulla busta c’era proprio il mio nome e…e comincia a ballare dalla gioia”.
Inizia da qui il racconto di Valeria Piccini, dal momento che ha rappresentato una linea netta di demarcazione tra il prima ed il dopo, tra l’anonimato e le difficoltà ed il riconoscimento per gli sforzi ed i tanti sacrifici fatti.
Quel momento più di ogni altro ha segnato la sua vita professionale, la sua vita personale, perchè, così come dice lei, per chi fa il suo lavoro non esiste pubblico e privato.

“C’è solo la cucina, con tutto quello che questo comporta, non c’è spazio per molto altro. Credo che sia questo il motivo principale per cui nel nostro settore ci sono pochissime donne che svolgono la professione di chef. Ho fatto mille sacrifici, a cominciare dalla famiglia, dal modo in cui seguivo mio figlio: da piccolo mi vedeva così poco che a volte sbagliava il mio nome ed invece che mamma, mi chiamava maestra. Poi ha cominciato anche lui fin da ragazzino a gironzolare tra i fornelli della mia cucina…”.
Eppure, nonostante tutto, non ha mai mollato…
“ Tante volte ho traballato, devo ammetterlo, ma mollare mai. Sono testarda – racconta la Chef – testarda come un mulo e per questo non rinuncio a fare ciò in cui credo, neanche quando tutto sembra complottare contro di me”.

La sua è una tipica storia italiana, la storia di chi ha avuto la forza di farsi da se, di superare mille difficoltà e di riuscire a confrontarsi, anche oggi, con un momento di crisi che non lascia spazio a facili entusiasmi.
Il suo ristorante, Da Caino, oggi vanta due stelle, (a quella dal ’91 se n’è aggiunta una seconda nel ’99) si trova a Montemerano, un piccolo borgo nel cuore della Maremma, di quasi trecento anime.
“Non è facile fare ciò che facciamo in un posto come il nostro – sottolinea Valeria – a Montemerano devi venirci appositamente, difficilmente ti ci ritrovi per caso, eppure…”.
Eppure la sua passione per la cucina è stata più forte di ogni altra cosa.
“Ho cominciato da piccolina, con mia nonna, poi, una volta incontrato Maurizio, mio marito, ho cominciato ad aiutare sua madre in cucina, nella cucina della loro osteria. I miei all’inizio non mi incoraggiavano a fare la cuoca, volevano che studiassi e l’ho fatto, ho preso un diploma in chimica, l’ho fatto per loro, per fare in modo che fossero contenti, non perché lo volessi davvero. Quello che volevo era cucinare.
Così, tutte le volte che potevo passavo da mia suocera, era tra i suoi fornelli che mi sentivo davvero a casa”.
Ma una cosa è strimpellare, una cosa è suonare uno strumento o dirigere un’orchestra di strumentisti…
“Mia suocera era una persona stupenda, si è accorta prima di me delle capacità che avevo in cucina. Per me la tavola è sempre stata una grande festa. Quando andavo a scuola invitavo spesso le mie amiche a casa per poter cucinare per loro. Ma la passione non basta – ammonisce Valeria – in cucina come in tutte le attività della nostra vita. La passione va alimentata con la preparazione e quella, a vent’anni, proprio non l’avevo, ed era la preparazione che poteva fare la differenza tra il cucinare per hobby e farlo per professione”.

Ma la scelta era fatta e non aveva alcuna intenzione di tornare indietro.
“Ho cominciato a studiare – racconta ricordando quei tempi con un pizzico di nostalgia – da completa autodidatta. In quel periodo io e Maurizio, perché da quando siamo assieme ogni scelta è stata una scelta comune, abbiamo cominciato a viaggiare, soprattutto in Europa, lo abbiamo fatto per capire cosa stesse accadendo attorno a noi, quali fossero le tendenze, le novità del settore e in che modo farle nostre ed applicarle al nostro ristorante. Eravamo dei giovani pionieri, con la differenza che non volevamo colonizzare alcun territorio, ma ritornare a far cose diverse nel nostro”.

Ma gli esordi sono stati durissimi.
“Piangevo dalla tristezza quasi tutte le sere – ci dice con un filo di commozione – i clienti non accettavano i cambiamenti che stavamo apportando ai piatti del nostro ristorante, ne venivano sempre meno e, quelli che venivano, a volte rimandavano indietro le portate che avevamo servito loro.
Eppure io e Maurizio credevamo fermamente in ciò che stavamo facendo.
La famiglia ci è stata vicino e siamo riusciti a superare quei momenti terribili. Poi pian piano qualcosa è cambiato, fino al giorno in cui quel postino ha bussato alla porta del nostro ristorante consegnandoci il telegramma più bello del mondo”.
Sorride, ricordando quel giorno, sorridono anche i suoi occhi, sono un inno al sorriso, come i suoi piatti.
La mia è una cucina di sapori, è una cucina…succulenta, proprio come me – ribadisce senza imbarazzo facendo riferimento a se stessa in maniera simpatica – è la cucina della mia terra, della Maremma, di cui conservo i sapori tipici, ma li ho rielaborati con la mia testa, con la mia ricerca e dedizione.
La mia è una cucina in cui la materia prima è fondamentale e parte di quella materia prima la produciamo noi direttamente: abbiamo un bellissimo orto, produciamo olio, vino e tante verdure che mettiamo sott’olio e con la frutta dei nostri alberi facciamo marmellate deliziose”.

E lei si diverte ancora come una volta, come quando ha cominciato.
“Non farei questo lavoro se così non fosse. Certo che mi diverto, anche se a volte posso accusare un pizzico di stanchezza – ammette – ma mi diverto eccome. Mi diverto a cogliere i frutti della mia terra, mi diverto a trasformare la materia prima a preparare i miei piatti e ad osservare la reazione dei miei clienti dopo che li hanno assaggiati.
Mi diverto a stare con i ragazzi in cucina: la nostra è una bella famiglia, lontana dagli stereotipi che la televisione spesso, soprattutto ultimamente, tende a trasmettere.
Da noi non si urla, ci si comprende. Con questo non voglio dire che non ci possano essere momenti di tensione, ma…
Pretendo però che le cose siano fatte bene, a farle male ci si impiega lo stesso tempo – spiega – anzi ce ne vuole di più, perché dopo averle fatte male, bisogna rifarle da capo”.

Anche a Valeria facciamo la stessa domanda che abbiamo fatto ai suoi colleghi che abbiamo già incontrato.
La sua ricetta, per la ripresa del nostro paese, in realtà passa prima di ogni altra cosa dalle peculiarità che esso racconta e produce.

“Sono convinta che prima di ogni altra cosa venga il nostro olio d’oliva. E’ italianità pura, è l’ingrediente base della nostra cucina, ancor di più per quella della mia terra. L’Olio d’oliva è un alimento vegetale vero e proprio, ci permette di essere creativi, ci permette di essere semplici. Possiamo prepararci una bellissima cena anche e solo con del pane a lievitazione naturale e dell’olio d’oliva buono, come quello che si proiduce in Maremma, che è fruttato, profumato, leggero, con pochi contenuti di grassi. Non potrei pensare di fare cucina senza, o di usarne uno diverso: ogni mio piatto è rifinito da un filo d’olio.
Senza esagerare naturalmente.
Lo mettiamo con il contagocce dove ce ne vuole meno, ma c’è sempre”.

Anche in un raviolo…. “Sì – conferma simpaticamente – proprio in un raviolo.

In realtà è stata un’idea di mio figlio, Andrea, che oggi fa lo Chef ad Aspen in Colorado. L’olio d’oliva lo abbiamo messo nel nostro raviolo, unito in un emulsione di capperi e colatura di alici, due ingredienti che esprimono tutta la mediterraneità dei nostri sapori. E’ un piatto che è ancora nel nostro menù e molta gente viene da noi per assaggiarlo. C’è stato uno studio importante per la sua preparazione: l’obiettivo principale era cercare di mantenere integro il sapore dell’olio utilizzato.
Infatti in cottura, normalmente quel sapore tende a cambiare, per questo abbiamo dovuto costruire un involucro di pasta sottilissima, in modo che questa cuociua in un tempo tale che l’olio non scaldi troppo mantenendo intatto il suo gusto originale. Il raviolo così preparato lo serviamo su un letto di pomodoro crudo accompagnato da qualche goccia di olio al basilico. Un po’ come la nostra bandiera”.
L’intervista finisce qui, mentre comincio ad immaginare il sapore, un anticipo dell’emozione che proverò assaggiando i piatti di Valeria Piccini, piatti che rispecchiano tutta la sua simpatia.

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