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Togni, oltre al vino le birre (premiate in Germania)

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Vino

Togni, oltre al vino le birre (premiate in Germania)

Da bollicine a bollicine. Sarà forse perché è da anni tra i leader degli spumanti (col marchio Rocca dei Forti è uno dei brand di punta nella grande distribuzione organizzata con oltre 6 milioni di bottiglie vendute nel 2014) che ha rapidamente trasformato in un successo anche il debutto nel segmento delle birre artigianali. Un esordio avvenuto lo sc

orso anno col marchio Terza Rima e che a un anno di distanza ha già fatto registrare 350mila bottiglie vendute con l’obiettivo di arrivare, grazie a investimenti per oltre un milione di euro, a quota 500mila bottiglie. Un traguardo che il Gruppo Togni punta a raggiungere nell’arco del prossimo triennio e che consentirebbe all’azienda marchigiana entrare a far parte dei primi 5 marchi del segmento delle birre artigianali in Italia.

Birre made in Italy premiate in Germania

E gli sforzi che hanno accompagnato il debutto nel settore delle birre artigianali hanno subito prodotto risultati. Innanzitutto sotto il profilo delle vendite come già ricordato, ma anche sotto quello dei riconoscimenti. “E’ di qualche settimana fa – spiega Paolo Togni amministratore delegato del Gruppo (insieme alla sorella Paola) – il premio “Gran Gold” a “Dannata” la birra della linea Le Donne, ricevuto al 2°Meininger International Craft Beer Award 2015, uno dei principali premi del settore beverage in Germania. E vedere i tedeschi premiare una birra made in Italy penso sia proprio una bella soddisfazione”.

Continua il processo di diversificazione

Il vero e proprio boom realizzato con le birre è solo l’ultimo positivo risultato del gruppo marchigiano Togni nato negli anni ’50 a San Quirico (Ancona). Il Gruppo (che oggi conta circa 100 dipendenti e 50 milioni di euro di fatturato) negli anni aveva esteso la propria attività anche al comparto delle acque minerali (con i marchi Frasassi, Gocciablu, San Cassiano, Gaia e Fonte Elisa che sgorgano dalle sorgenti del Parco Naturale Gola della Rossa, Grotte di Frasassi e Parco Naturale del Monte Cucco). L’altro importante investimento in chiave di diversificazione è stato realizzato nel 2005 con l’acquisto della cantina Casal Farneto (60 ettari complessivi di cui 32 a vigneto). L’acquisizione di dieci anni fa ha consentito al Governo ruppo Togni di entrare con forza nel settore del vino con tutte le principali etichette marchigiane, dal top brand Verdicchio dei Castelli di Jesi, alla Lacrima di Morro d’Alba, al Rosso Conero e a quello Piceno, al Pecorino, alla Passerina oltre ad altre Doc e Igt regionali. “Sarà forse che i tempi del vino sono un po’ lunghi – aggiunge Togni – tuttavia adesso a distanza di 10 anni gli investimenti effettuati su Casal Farneto stanno dando i propri frutti. Abbiamo effettuato scommesse importanti rinnovando i vigneti, realizzando una cantina hi tech che chiamiamo la ‘fattoria tecnologica’, ma soprattutto creando un team di tecnici guidato dall’enologo Franco Bernabei oggi in grande sintonia. Una squadra che riteniamo sia alla base dei nostri successi”.

La nuova stagione del Verdicchio
Successi che anche nel caso dei vini sono testimoniati dalla sfilza di riconoscimenti ricevuti. Al gruppo Togni ricordano quelli del vino Crisio (etichetta nata da 4 anni e che negli ultimi tre ha ricevuto i Tre Bicchieri del Gambero Rosso) oppure i Cinque Grappoli Ais assegnati al vino muffato “Cimaio”. Anche se forse i riconoscimenti più importanti sono quelli vengono dai mercati internazionali in particolare per il Verdicchio, prodotto di punta delle Marche e di Casal Farneto. “Possiamo dire che il Verdicchio sta rigermogliando – dice ancora Togni -. E questo grazie al grande lavoro fatto dalle cantine del territorio che hanno tutte innalzato il livello qualitativo dei propri prodotti oltre alla fondamentale azione promozionale realizzata in questi anni all’estero (grazie anche dai contributi messi a disposizione dalla Ue e dalla regione Marche) con la regìa dell’Istituto marchigiano di tutela guidato da Alberto Mazzoni. D’altro canto se un’azienda come Bertani decide di investire un marchio storico come Fazi Battaglia, un motivo ci deve pur essere”.

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