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Moreno Cedroni: la colatura d'alici è il nostro umami

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Storie di eccellenza

Moreno Cedroni: la colatura d'alici è il nostro umami

Il suo look è inconfondibile come la sua cucina. Colorato, vivace, fantasioso. Moreno Cedroni, chef della Madonnina Del Pescatore a Senigallia si presenta con bandana e grembiule colorati, lontano dai soliti schemi, così come fuori dagli schemi si presenta il suo modo di essere dietro i fornelli.
“Non è un vezzo, non è voglia di apparire a tutti i costi, anzi, anche questa è semplicità – spiega – è il mio modo di dare vivacità ad una cucina basata su stereotipi tristi, colori tristi, neutri; una cucina basata sul bianco, sull’acciaio. Gli ingredienti, invece, sono colorati, fantasiosi, vivi: la cucina non è in bianco e nero.  I francesi, però, vestivano così, sale e pepe, per questo tutti gli altri si sono accodati. Non si sarebbe dovuto cambiare nulla, ed invece io l’ho fatto, perché mi piace andare per la mia strada, mi piace tracciarla, ho le mie idee, la mia testa, il mio modo di essere, e voglio esprimere sempre ciò che sento dentro, a prescindere da tutto ciò che accade attorno a me. Qualcuno pensava che la Michelin potesse non gradire, non gradire le tovaglie corte in sala, o addirittura una sala senza tovaglie, ma credo che alla Michelin piacciano le cose fatte bene, a prescindere che abbiano o meno uno stile come quello transalpino”.

La sua è una cucina moderna, che non da niente per scontato che sa essere leggera ma al tempo stesso anche complessa…

La definirei rassicurante rassicurante perché quando stai assaggiando un mio piatto, quando ne porti un boccone a contatto con le labbra, non stai troppo tempo a pensare cosa deve accaderti in bocca. E’ semplice nei suoi sapori, nei suoi gusti, ma complessa tecnicamente perché quegli stessi sapori, quei gusti possano arrivare a colpire nella loro semplicità che li sta percependo, ecco perché definisco i miei piatti rassicuranti.

Si avvicina alla cucina in maniera casuale e non dalla porta principale, anzi, per anni, Moreno Cedroni non avrebbe neanche immaginato di poter diventare un cuoco…

Come molti ragazzi della mia zona ho cominciato a lavorare in qualche ristorante della costa come cameriere durante il periodo estivo. Avevo solo quattordici anni quando l’ho fatto per la prima volta poi qualche anno dopo, quando ne avevo quasi venti, ho cominciato a sentire la voglia di costruire qualcosa di mio.
Si è presentata l’occasione giusta e l’ho colta al volo: La Madonnina del Pescatore nasce così, lì dove sono nato e cresciuto anch’io.

Quella è sempre stata casa sua…

E’ proprio così io sono cresciuto nella zona di Senigallia, in cui poi è nato il mio ristorante. Da ragazzino giocavo proprio davanti all’icona della Madonnina del Pescatore, lei è la protettrice dei tanti che vanno per mare, e forse, protegge da sempre anche me. Quell’icona, quell’immagine sacra, mi ha fornito l’idea per il nome del mio locale. Qualche anno più tardi i miei si sono trasferiti in una zona più centrale di Senigallia. Io, però, sono tornato, perché lì mi sentivo veramente a casa, sono veramente a casa, è stato quasi un richiamo ancestrale, quello che mi ha riportato lì dove sono ancora. Proprio per questo mi piace che anche i miei clienti si sentano a un po’ a casa quando sono da me.

I primi quattro anni della sua storia da ristoratore non lo vedono in cucina. Si occupa della sala, sta a contatto con la clientela, si dedica principalmente all’accoglienza

Sono stati anni comunque importanti perché mi hanno permesso di approfondire tantissimi aspetti della nostra professione che normalmente un cuoco non cura, non subito almeno. Ho compreso le dinamiche che si creano nel rapporto con la clientela, ho approfondito la conoscenza dei vini, ho partecipato alle aste del pesce, ho cercato di capire cosa facesse sentire veramente a proprio agio le persone che sedevano ai miei tavoli.

Poi improvvisa, arriva una sorta di chiamata…

Era il 1989 quando ho sentito dentro di me la voglia di cimentarmi direttamente con la cucina e da lì è iniziato il mio percorso.
Da quel momento ho cominciato a studiare davvero, a studiare da grande, come spesso si dice. Volevo imparare tutto e subito. Così ho fatto tanti corsi, stage, seminari di approfondimento sulle materie prime e sulla loro trasformazione.

La vera svolta arriva però grazie all’incontro con uno dei più grandi della cucina moderna: Ferran Adrià.

E’ stata davvero un’illuminazione ho fatto uno stage dai lui e quei giorni mi hanno cambiato dentro, hanno cambiato la mia percezione della cucina, hanno acceso in me un moto rivoluzionario che mi ha portato ad essere quello che sono e a non dare nulla per scontato. Lui, grande maestro ha tracciato la strada. Allora eravamo tutti filo-francesi, lui ha cambiato le carte in tavola ed ha cambiato anche le mie. Anche grazie a lui ho capito che questo mondo era la mia vita.

Moreno Cedroni ha avuto la sua occasione e l’ha sfruttata…

Io sono stato fortunato per questo cerco di ricambiare questa fortuna dando molto a questo lavoro facendo ricerca, mettendoci passione e dedicandomi anche alla formazione di altri ragazzi che si avvicinano al nostro mondo. A volte rifletto sul fatto che molti giovani non hanno l’occasione per mettere a frutto le loro vere doti, le loro capacità, il loro talento. Tanti per necessità si trovano a fare cose che non hanno niente a che fare con il loro percorso naturale e spesso non se ne accorgono nemmeno. Io, invece, ho avuto modo di scoprirlo, per questo mi sento un fortunato e voglio provare a fare in modo che anche altri possano, magari grazie anche al mio aiuto, trovare la loro strada migliore.

La prima stella arriva nel ’96, senza che quasi se ne rendesse conto…

Io non ho mai lavorato per le stelle lavoravo perché volevo crescere, volevo far bene le cose che facevo. Devo ammettere, però che nel 2006, la seconda, mi ha regalato un momento ed un’emozione straordinaria. Un ringraziamento per tutto questo? Va senz’altro a mia moglie, Mariella, averla incontrata è stata la più grande fortuna della mia vita, sia dal punto di vista affettivo, sia da quello professionale.

E la ricetta per la ripresa?

Non una ricetta, , ma un ingrediente ed è la Colatura di alici di Cetara: per me che amo anche il pesce crudo la considero la salsa di soia italiana. E’ un condimento che fa la differenza: quando mangi un crudo dove hai usato della colatura di alici, sai che quel crudo è un crudo italiano e non un crudo internazionale. Come tutti gli ingredienti forti vanno dosati, ci vuole la giusta sensibilità nell’usarli, ma a saperlo fare regala ai piatti un gusto straordinario.
La prima volta l’ho provata su una ricetta casalinga, quella che noi chiamiamo Conditella. E’ un piatto perfettamente in linea con i richiami dell’Expo.
Si tratta di un’insalata di recupero, è l’insalata del giorno dopo. Una volta non si buttava via niente, così, pomodori, foglie di verdura, cipolline che erano avanzate si lasciavano in frigo e si mangiavano il giorno dopo.
In quell’insalatiera avviene uno scambio: tutti i sapori della verdura vanno nell’olio e viceversa. Ho provato ad aggiungere qualche goccia di Colatura di alici, ed il risultato è stato unico. Da quel momento ho cominciato ad usarla, soprattutto al Clandestino, il mio ristorante di sushi italiano: versata su delle fettine di tonno crudo regalano un sapore sublime.
Le assaggio e credo mi sorridano gli occhi, mentre il palato non smette di percepirne il gusto.

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