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Gorgonzola: per la terza Dop casearia italiana obiettivo Dubai e Giappone

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Gorgonzola: per la terza Dop casearia italiana obiettivo Dubai e Giappone

I formaggi italiani fanno marcia indietro sulla Cina. I deludenti risultati di vendita e penetrazione nello stato che prometteva milioni di nuovi consumatori per le nostre produzioni casearie fanno ripensare la strategia export di molti produttori e consorzi: meno Cina e più Sud est asiatico, nuova promettente frontiera. E’ il caso del gorgonzola dop, che ha visto scendere ancora le quantità esportate nel paese più popoloso al mondo a meno di 200 quintali annui, mentre salgono Giappone e soprattutto Corea del Sud e Thailandia.

Delusione Cina, speranza Dubai

«Le aziende, comunque, scommettono sempre più sull’export – commenta Renato Invernizzi, presidente del Consorzio per la tutela del formaggio gorgonzola – tanto che ormai il 31% delle forme sono destinate fuori confine. Anzi, la nostra produzione aumenta ogni anno di circa 1-2% solo per soddisfare i mercati esteri». Le esportazioni mondiali, infatti, nel 2014 hanno fatto segnare un +2,66% pari a 1.650 tonn di gorgonzola, dato più alto mai registrato e che conferma il posizionamento al terzo posto tra i formaggi Dop italiani. La produzione globale è stata di 4.443.538 forme da parte delle circa 3mila aziende agricole e 38 aziende associate, anche se i Paesi principali di destinazione restano comunque ancora quelli europei (con la Germania e la Francia che assorbono più del 50% dell’export totale), e un boom di consumi in tutto l’Est europeo, soprattutto Polonia, Romania, Slovacchia e Repubblica Ceca. Ma anche Nuova Zelanda, Canada e Giappone, paesi in cui il consumo di formaggi italiani è in forte crescita (elaborazione Clal su fonte Istat).

E la prossima meta-target del gorgonzola sarà Dubai, anche come porta verso l’est. «Il nostro formaggio ha trovato difficoltà invece negli Stati Uniti – prosegue Invernizzi – dove ha perso ulteriore terreno, circa il 13%, ma è già pronto un piano di promozione in collaborazione con il inistero dello Sviluppo economico per riconquistare quote». Anche se il mercato statunitense è ancora molto limitato per il nostro gorgonzola (circa 500 tonn, contro le 700, per esempio, della sola Danimarca) ha grandi potenzialità, stimate in 10mila tonnellate tra dolce e piccante.

Piano da 40 milioni di euro per promuovere made in Italy in Usa

«Il problema negli Stati Uniti – commenta Fabio Leonardi, ad di Igor – non è il disinteresse verso i formaggi italiani, ma la contrario la concorrenza sleale delle imitazioni. Il consumatore americano, infatti, è più pronto e preparato di quello cinese verso le nostre produzioni casearie, ma ha bisogno di due supporti fondamentali per sceglierle: le informazioni corrette e poter trovare le referenze con facilità. Per questo il compito di noi industriali sarà quello di lavorare sui buyer: basta gorgonzola del Wisconsin con 25 giorni di stagionatura». Leonardi è reduce dalla missione negli Stati Uniti che ha visto la presenza contemporanea del Mise, di Fiere di Milano, Fiere di Parma e Fiere di Verona, dell’Agenzia-Ice e di 52 produttori.

«Questa missione è stata un bel segnale per il food made in Italy – prosegue – e ha dimostrato che il Sistema Paese finalmente sa unirsi. Durante tutto il viaggio si è parlato di come fare squadra per vincere nella nazione dove le nostre produzioni sono le più imitate». L’obiettivo è di incrementare presso la grande distribuzione americana il numero dei prodotti autentici del Belpaese disponibili a scaffale e consolidare in questo modo brand e prodotti già esistenti. Il Mise, così, metterà a disposizione 20 milioni di euro per un anno per le promozioni in store nei supermercati americani e altri 20 milioni saranno investiti per la comunicazione online (Google, Youtube ecc.), rivolta soprattutto ai Millenians principale target delle produzioni di alta qualità provenienti dal nostro Paese.

La missione si è svolta durante il Fmi Connect – Food Marketing Institute- di Chicago, la principale fiera del prodotto alimentare dedicata al mondo della grande distribuzione organizzata e della vendita al dettaglio, dove il vice ministro Calenda ha partecipato all’inaugurazione del padiglione italiano e ha annunciato investimenti per 260 milioni di euro, per promuovere l’eccellenza del Made in Italy, di cui una buona parte negli Stati Uniti, e con particolare riguardo al food and wine, appunto, oltre che al tessile e alla gioielleria. Nel settore dell’agroalimentare, infatti, l’export di prodotti italiani verso gli Usa è aumentato del 6,2% nel 2014 rispetto ai precedenti dodici mesi, riconfermando l’America come terzo mercato di destinazione delle eccellenze alimentari del Paese.

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