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Fondi promozione vino: così le Regioni bloccano la svolta

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Vino

Fondi promozione vino: così le Regioni bloccano la svolta

Si accende nel settore del vino lo scontro sulla gestione dei fondi promozione. Un ricco budget (circa 102 milioni di euro l’anno per cofinanziare al 50% i progetti promozionali e che quindi con le risorse dei privati possono portare a investimenti per circa 200 milioni) la cui gestione però nonostante le difficoltà emerse nella spesa negli ultimi anni non riesce ad essere modificata. La dotazione finanziaria destinata alla promozione infatti è amministrata per un terzo a livello centrale dal ministero per le Politiche agricole (con un budget regolarmente esaurito ogni anno) e per due terzi invece a livello periferico dalle amministrazioni regionali. Ed è proprio questo 70% circa delle risorse che ha mostrato difficoltà di gestione visto che negli ultimi 3 anni 51 milioni di euro (15 nel 2013, 16 nel 2014 e 20 nel 2015) sono rimasti inutilizzati.

Tante proposte di modifica rimaste sulla carta

E proprio per porre rimedio a queste difficoltà di spesa che nei mesi scorsi sono state avanzate alcune proposte dagli operatori. La “prima scelta” per gli operatori era quella di una redistribuzione complessiva dei plafond finanziari ma è stata subito subito impallinata dalle amministrazioni regionali. Ma non sono mancate altre proposte. Come quella di individuare dei meccanismi di travaso dei fondi non utilizzati verso i capitoli di spesa a corto di risorse o ancora – l’ultima ipotesi messa sul tavolo – la proposta di una cancellazione dei progetti multiregionali. Tale prospettiva eliminerebbe una tipologia di interventi che non hanno incontrato grande favore negli investitori, liberando al tempo stesso risorse a favore dei progetti rimasti senza finanziamento. Inutile dire che entrambe le proposte sono state rifiutate in toto dagli assessori regionali

Gli operatori: l’immobilismo non è privo di conseguenze

Insomma, parole al vento visto che nessuna proposta è stata recepita ma insieme al decreto fotocopia dei provvedimenti passati si è registrato solo un generico impegno da parte del ministero a rivedere i meccanismi ma a partire dal 2016. Un proposito vago e che ha già sollevato più di uno scetticismo: non si capisce infatti come e perché nell’arco di pochi mesi la dura opposizione fermamente riproposta dalle regioni a qualsivoglia cambiamento possa ammorbidirsi.

In tutti i modi di fronte all’immobilismo i presidenti di 7 associazioni della filiera vino (Uiv, Federvini, Assoenologi, Fedagri–Confcooperative, Cia, Confagricoltura e Federdoc) hanno scritto al ministro Martina per esprimere la propria preoccupazione per «la fragilità del processo decisionale tra Ministero e Regioni che rischia di portare a uno strumento promozionale desueto, poco efficace e non atto a rispondere alle sfide internazionali». «Dopo tre anni di parole, promesse mancate e 100 milioni di investimenti promozionali persi – ha sottolineato il presidente dell’Unione italiana vini, Domenico Zonin – il ministero non riesce a cambiare un decreto che ha mostrato forti limiti nel gestire i fondi europei. L’ostinata resistenza delle Regioni sta bloccando il dialogo della filiera con il ministero per le Politiche agricole che lo scorso autunno aveva promesso la modifica del “decreto Galan” sulla base delle nostre proposte. In tutto questo assistiamo a un rallentamento della crescita dell’export italiano, e al fatto che gli stessi fondi OCM per la promozione sono finiti sotto un fuoco di fila nell’Unione europea che non fa presagire nulla di buono; e le Regioni che fanno? Difendono con grave miopia politica orticelli clientelari mettendo a rischio il futuro del vino italiano. Chi risponderà di questi gravissimi ritardi? Chi restituirà alle imprese italiane le risorse sperperate? Sarebbe il colmo se il prossimo anno dovessimo ancora leccarci le ferite di milioni di euro destinati alla promozione dirottati e nascosti altrove dalle Regioni».

Si poteva fare di più ma non tutto è da buttare

Non manca tuttavia qualche voce fuori dal coro. Come Silvana Ballotta, ad di Business Strategies, azienda che cura l’internazionalizzazione di circa 400 aziende vinicole italiane. «Si poteva fare di più – ha spiegato la Ballotta – ma non è tutto da buttare nel nuovo decreto. Semplificazione, pluriennalità nella programmazione e modifica degli antichi criteri di premialità dovrebbero oggi riguardare meno elementi quantitativi e più di efficacia qualitativa. Di contro il tavolo è riuscito a scongiurare delle proposte capestro come il drastico abbassamento della soglia di budget per accedere ai contributi  (che si voleva ridurre per allargare la platea dei potenziali beneficiari) che avrebbe determinato un’ulteriore frammentazione delle domande oltre  a maggiori difficoltà nei controlli. Per ora quindi ci teniamo un decreto fotocopia di quello precedente nella consapevolezza e nella speranza di poterlo migliorare dalla prossima annualità».

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