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Così i residui di cantina diventano acqua per irrigazione

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Vino

Così i residui di cantina diventano acqua per irrigazione

Come si stapperà una bottiglia online? Domanda sbagliata: come si stappa una bottiglia online. Oggi. Ormai giunta all’ultimo giorno, la 49esima edizione di Vinitaly registra le marce in più nell’innovazione nel mercato enologico. La vetrina è Enolitech, il padiglione che da 18 anni affianca Vinitaly e Sol&Agrifood con la sua vetrina su tech (e high tech) nel doppio mondo di vino e olio. Il resto emerge tra gli stand della fiera, nella contaminazione continua tra vecchi marchi e nuove tecnologie: dai macchinari eco-sostenibili alle campagne di marketing che ringiovaniscono la promozione del vino con un linguaggio stringato quanto basta per volare su Twitter e Facebook. Qualche esempio? Sistemi di depurazione che trasformano – letteralmente – il vino in acqua per l’irrigazione. Tecnologie integrate tra device, app e cloud (le “nuvole” informatiche) che si applicano al collo delle bottiglie e registrano i parametri sullo stato di conservazione. Campagne innovative su mercati maturi, come gli Usa, con strumenti pensati e confezionati per i millennials: la popolazione di under 35 che si avvicina al calice con lo smartphone in mano e cerca sistemi sempre più intuitivi per conoscere cosa (e come) si sta assaggiando.

Rosso, bianco e green

Il marchio di qualità, come sempre, sfuma sul verde. Oltre all’exploit delle cantine bio, la virata su sistemi di green economy può abbattere i consumi energetici del 30% e ribaltare i vecchi schemi di produzione. È la scossa della circular economy, l’economia circolare che riduce al minimo gli sprechi con un flusso continuo di materie prime, macchinari e accessori. Come si applica al mercato enoico? Un caso – collaudato – è offerto dai depuratori per le acque usate nella vinificazione, al proprio esordio tra gli stand di Enolitech. Il sistema elimina alcol, zuccheri e residui dalle fonti reflue e ne permette un nuovo utilizzo per l’irrigazione. I sistemi di riciclaggio, del resto, hanno scavalcato da anni il binomio tappi-bottiglie e si espandono a raggio completo. Senza escludere etichette e pallets: le prime sono rimesse a nuovo e pronte all’uso su bottiglie diverse da quella originarie , i secondi adottano una veste biodegrabile e garantiscono risparmi sugli ingombri fino a picchi di quasi il 70%.

L’internet of everything brinda con il vino

E sul fronte dello “Iot”, l’internet of thing che segue passo per passo la filiera? I temi più caldi sono certificazione e informazione, con sistemi che permettono di stanare le contraffazioni, tenere sotto controllo la distribuzione o aggiornarsi sui trend di consumo registrati in determinate zone. Protagonisti: device, software e cloud, le tre anime della digitalizzazione che fanno interagire smartphone ed etichette in chiave di marketing e controllo di qualità. Non sempre in forma separata: Wenda, recentissimo spin off della facoltà di agraria dell’Università di Bologna, ha brevettato un sistema omonimo – e del tutto Made in Italy – che fonde le tre dimensioni in un unico servizio. Il dispositivo (device) si applica al collo della bottiglia e memorizza le informazioni, il cloud conserva i contenuti e li rende disponibili in forma di “pillole” alla app installata sullo smartphone. A chiudere il cerchio, nozioni sul prodotti e consigli degustativi. «È un progetto che tiene in conto tutti gli attori del mondo del vino, dai produttori ai semplici wine lovers che vogliono approcciarsi in maniera più dinamica e intuitiva alle proprie bottiglie» spiega al Sole 24 Ore Antonio Catapano, amministratore delegato di Wenda. E poi: “bancomat del vino” che velocizzano gli acquisti self service e microchip installati nelle etichette come garanzia anti-contraffazione. Un’autodifesa che può far bene, se si considerano le allarmanti analisi di Coldiretti sulla falsificazione del made in Italy: dal “Prosecco made in Crimea” alle etichette che giocano su riferimenti alla malavita (il “mafia sounding”), per un giro di affari che vale nel suo complesso oltre 60 miliardi di euro.

Sicilia Doc, Facebook e Twitter per corteggiare l’America

A proposito di internet. Il Consorzo Vini Sicilia Doc, sigla che riunisce 73 cantine e oltre 3.300 viticoltori, darà l’assalto al mercato degli Stati Uniti con una “campagna intensiva” che sfrutta il potenziale social di Facebook e Twitter. Oltre alla promozione su una rivista centrale come Wine Specator, l’investimento da 1,5 milioni di euro messo sul piatto sarà riservato per il 50% a tutto quello che fermenta online. Tra i target privilegiati i cosiddetti millennials, la generazione di appassionati nata dopo il 1980. Negli Stati Uniti c’è appetito di Made in Italy, basta alimentarlo con i mezzi giusti: «Una quota importante del budget sarà destinata proprio ai social media, con tre mesi di “spinta” intensiva – dice Antonio Rallo, presidente Consorzio Vini Sicilia Doc – Si tratta di far conoscere il nostro vino a un pubblico che non sempre è preparato con una linguaggio chiaro e intuitivo. Perché è quello che si sta cercando e risponde alle nostre esigenze».

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