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L'aceto piemontese che ha conquistato i gourmet del Giappone

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Storie di eccellenza

L'aceto piemontese che ha conquistato i gourmet del Giappone

Chi pensa che l’aceto sia un sottoprodotto del vino, non conosce i prodotti di Claudio Rosso. Enologo della cantina di famiglia Gigi Rosso, gestita con il padre e con il fratello Maurizio, si è appassionato alla produzione di aceti sin dalla metà degli Anni 80. Ottenendoli dalle uve che, in cantina, servivano per il Barolo, il Barbaresco, il Nebbiolo.
“Una produzione limitata – spiega Rosso – destinata ai regali per i clienti della cantina, gli amici. In Piemonte c’era la tradizione dell’aceto di vino buono e noi l’abbiamo proseguita”. Poi, visto il successo e l’apprezzamento di chi riceveva l’aceto in dono, la passione si è trasformata in un’attività anche economica, seppur di nicchia. Ovviamente senza mai abbandonare il lavoro per la cantina di famiglia.

Cascina-Arione-foto Murialdo

Apprezzato in Giappone

Così, nella cascina di Serralunga, Rosso ha realizzato un’acetaia. Che ora produce circa 15mila bottiglie all’anno, per un giro d’affari di 60mila euro. Bottiglie che in larga misura (12mila) finiscono all’estero, dalla Corea agli Stati Uniti, dal Giappone alla Francia. In parte attraverso i negozi che Eataly ha aperto nel mondo, in parte direttamente. Rosso ricorda l’accordo stipulato con un importatore giapponese, in Italia alla ricerca di olio di qualità: “Ha sentito parlare di noi, è venuto ad assaggiare l’aceto ed ora ne importa circa 2mila bottiglie all’anno, destinate soprattutto ai ristoranti nipponici che utilizzano lo stile francese e accompagnano vari piatti, a partire dalle ostriche, non con il limone ma con l’aceto”.
A ciascuno il suo agro, in fondo. Così i Paesi mediterranei prediligono il limone, quelli alpini e dell’Europa più a nord (purché abbiano le vigne) preferiscono l’aceto. “Anche se lo stesso Maometto – precisa Rosso – invita ad avere una bottiglia di aceto in ogni casa”.
Per un prodotto artigianale, tuttavia, le difficoltà non mancano. Sia nella ricerca di clienti italiani, con difficoltà a portare un aceto di qualità nei ristoranti, sia per gli aspetti legislativi.

Una gamma di sei aceti

L’Italia, ad esempio, aveva abbassato il limite di alcol contenuto nell’aceto, favorendo i prodotti industriali che – in alcuni casi – potevano diluire l’aceto con acqua abbassando i costi. Da agosto, però, il limite è stato riportato da 1,5 a 4 gradi e per chi ottiene l’aceto dal Barolo ci son meno problemi. Anche se adesso la burocrazia europea ha modificato l’etichettatura. Ostacoli superabili, così come è stata vinta la controversia sulla dizione di aceto balsamico. E Rosso può così presentare una gamma di 6 diversi aceti: da Barolo, da Nebbiolo, da vini rossi, da Moscato del Piemonte, aromatizzato alle erbe e un aceto balsamico da mosto di Moscato.
Una produzione di nicchia che tuttavia, grazie al lavoro nell’azienda agricola per la cantina Gigi Rosso, permette di dar lavoro tutto l’anno a due addetti fissi più quelli delle cooperative impegnate nelle diverse attività.

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