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Che sia tradizione o pensiero, Boer va all'"Essenza"

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Che sia tradizione o pensiero, Boer va all'"Essenza"

C’è una nuova stella a Milano. O meglio, c’è sempre stata ma solo ora sta esprimendo – in pieno – il talento e la classe in cucina. A 37 anni, Eugenio Jacques Cristian Boer – padre olandese e madre siculo-ligure – ha deciso di segnare una tappa importante del suo pellegrinaggio, mettendosi al timone di Essenza, nuovo ristorante-gourmet a Milano. La città che lo ha fatto scoprire a critica e pubblico, nel 2012, con l’originale Enocratia e dove non gli è mai mancata la voglia di fare, visto la startup e ora la consulenza di Elita Bar, Fishbar e Meatbar.

Essenza è un palcoscenico importante, per realizzarlo è stato scelto uno spazio in via Marghera 34 – dove c’era la trattoria Da Armando – con grazioso cortiletto interno e 35 coperti in un ambiente lineare, elegante, internazionale. Essenza rispecchia la filosofia dello chef, c’è il presente e il passato della sua vita in cucina. “Non sono uno che parla molto ma amo ascoltare gli altri e trasformare in piatti i miei ricordi” è una delle sue frasi illuminanti. A parlare, in effetti, sono i piatti: una ventina, ben divisi nella tradizionale scansione. E a farti entrare nel pensiero-guida c’è la serie di amuse-bouche: madeleine di pesto (omaggio alla mamma), bitter-balen con la senape (polpettine olandesi, dedicato all’infanzia), macaron con la ganache di fegato di piccione (per gli anni alla corte di Gaetano Trovato a Colle Val d’Elsa), tartare di salmerino con le sue uova (per il periodo alto-atesino presso Norbert Niederkofler) e la cialda di risotto allo zafferano, spuma di parmigiano e polvere d’oro per salutare la Milano che gli ha voluto bene in tre anni.

Un’inizio geniale, emozionante, presentato su sassi, lastre e tronchetti. In carta non mancano i signature dish del cuoco italo-olandese come il formidabile risotto alla cenere con il salmerino o il cervo servito quasi crudo su pietra (accompagnato da coulis di lampone, crumble di radici di liquirizia e mousse di foie gras) o ancora gli scampi e il diaframma di vitello con puré di sedano rapa alla rosa canina e cerfoglio. Boer ha personalità e non teme l’azzardo, si serve della tecnica per “estrarre” i sapori primari e dell’esperienza per creare piatti di effetto, gustativo e cromatico. Vedi l’Orto d’Inverno che è un antipasto dove i porcini e la crema di caprino sono il “fondo” di un mare di verdure (marinate, sott’olio, crude, disidratate…), spolverate di finta neve di extravergine. Tra i piatti nuovi, grandi la Pancia di maiale e ricordo di una brace d’estate – con la yucca protagonista – e il Cappone di Morozzo dove nel consommé arricchito di una punta di olio sardo galleggiano i cappelletti ripieni di varie parti del pennuto.

Il tema “brodoso” è ripreso bene anche nel Brodo ristretto di legno di castagno, canederli di spinaci, funghi pioppini e castagne crude che stupisce per la pulizia del gusto, pensando alla complessità della preparazione. Proprio come succede per il dolce più godurioso: Terrina di latticello, carciofi, gelato all’estratto di lievito, avena. Quattro i menu degustazione, a prezzi competitivi: Essenza della Tradizione, Tradizione e Pensiero, Essenza del Pensiero – per noi il più completo e articolato – e Sensazioni vegetali, che merita l’assaggio anche da chi è rimasto scottato da chi “vende” cucina vegetariana e manco sa copiare i maestri. In arrivo un piccolo menu fisso a pranzo e la voglia di creare “live”, basandosi sulla spesa mattutina e proponendo al cliente il singolo ingrediente sui cui realizzare un piatto. Interessante la cantina biodinamica e ricca di Champagne, come piace allo chef. Servizio giovane e sorridente (fa notizia, di questi tempi), guidato dal polacco Damian Janczara. Avanti così, EJCB

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