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Dal tabasco alla senape, dai wurstel al parmigiano: i più bei…

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Storie di eccellenza

Dal tabasco alla senape, dai wurstel al parmigiano: i più bei musei del cibo in giro per il mondo

Come una tela preziosa, un cimelio del passato, una sperimentazione futurista o un oggetto di design, il cibo si trasforma in un pezzo da museo. Esposizioni permanenti e raccolte di prodotti tipici aprono una nuova frontiera del turismo culturale ed enogastronomico: i musei del cibo, custodi, in Italia e nel mondo, di riti, tradizioni, territori e comunità. Musées de société si chiamavano negli anni ’70, quando nacquero in Francia le prime gallerie di pratiche, saperi e manufatti per la cucina, testimonianze di luoghi, storie e altri immaginari culturali.

In Giappone si celebrano Ramen e Noodles

In Giappone musei e parchi a tema celebrano i piatti tradizionali. Distribuiti principalmente nella zona di Yokohama, a mezz’ora di treno da Tokyo, assicurano eccezionali esperienze sensoriali (degustazioni comprese) senza mai tralasciare l’aspetto educativo. Per conoscere i segreti delle mille varianti di ramen, le tipiche tagliatelle in brodo giapponesi che hanno avuto origine in Cina (preparate con farina di grano saraceno), basta una visita allo Shin-Yokohama Ramen Museum. Per approfondire il tema bisogna addentrarsi nel Cup Noodles Park: 10mila mq dedicati a Momofuku Ando, inventore dello spaghetto giapponese istantaneo, prodotto dal 1948 dalla Nissin Foods che li distribuisce in tutto il mondo.

Il cibo bruciato è d’arte in Virginia

25.000 persone visitano ogni anno in Virginia, ad Arlington, il Burnt Food Museum che, con una buona dose di stravaganza, trasforma tacchini, patate, biscotti e pane bruciato in oggetti d’arte (involontaria). Lo ha fondato la musicista Deborah Henson-Conant, che nel 1980 dimenticò un vasetto di sidro di mele sul fuoco. Il risultato (carbonizzato) è in mostra. Il National Mustard Museum, a Middleton, nel Wisconsin, espone dal 1992 una collezione di oltre 5mila senapi provenienti da più di 60 paesi: barattoli, vasetti, tubetti e una serie di raffigurazioni e pubblicità che mostrano l’uso della senape nella storia.

Tabasco e spezie di Amburgo

A Kalocsa, cittadina a sud di Budapest, rinomata per i suoi peperoni rossi, è stato allestito il Museo della paprika che mostra tutti i passaggi della lavorazione del capsicum ungherese, dalla coltivazione all’essiccazione. Fino alle ricette. Grande risalto al premio Nobel Albert Szent- Györgyi che, studiando la spezia, ha scoperto la vitamina C. Il museo dello zafferano in Spagna è all’interno della Casa de la Cultura di Monreal del Campo, mentre ad Amburgo, terzo sito al mondo per la lavorazione delle spezie, in passato centro di smistamento di noce moscata, cardamomo, vaniglia e pepe per il Nord Europa, si conservano 700 reperti storici: nella Speicherstadt, città dei magazzini vicina al porto, si seguono la coltivazione, la crescita, l’essicazione, la lavorazione, lo stoccaggio e l’ utilizzo delle spezie. Una parte dell’esposizione è dedicata al tabasco e alla collezione di oli essenziali.

Da Berlino a Bruges, wurstel, asparagi e patate fritte da collezione

A Berlino, il tipico Currywurst (salsiccia con salsa al curry e patate fritte) è al museo e narra un pezzo di storia della Germania. A 50 km da Monaco, a Schrobenhausen, in una torre medioevale, sono esposti reperti e affreschi pompeiani dedicati alla specialità della Baviera: siamo nel Museo europeo degli asparagi. Funghi velenosi e commestibili sono in mostra a Treffen in Austria: il Pilz Museum spiega tutto sulle loro aree di diffusione, utilizzo e commestibilità, tra cristalli, alghe fosforescenti e foreste incantate. In Francia, invece, solo funghi buoni da mangiare: sulla Loira, a St-Hilaire-St-Florent, c’è il Musée du Champignon dove si possono gustare le varietà più rare del mondo. Il Musée du Bonbon Haribo di Uzès, a due passi da Avignone, ripercorre la storia delle celebri caramelle prodotte dalla più grande industria dolciaria tedesca che le esporta nel mondo. In Belgio, a Bruges, nel Museo della patata fritta si racconta tutto del tubero e delle french fries nell’arte e nella musica, tra le macchine usate per la lavorazione industriale.

I Musei del cibo nella Food valley italiana

In provincia di Parma i Musei del cibo sono luoghi “viventi” e della storia che celebrano le eccellenze agroalimentari del territorio. Coordinati da Giancarlo Gonizzi, curatore della Biblioteca gastronomica di Academia Barilla, valorizzano le tradizioni produttive locali, ricostruendo l’identità dei luoghi: Parmigiano Reggiano, Prosciutto e salumi tipici e Pomodoro raccontano economia e cultura della Food Valley italiana. Il Museo del Parmigiano Reggiano è a Soragna, in pieno territorio verdiano; il Museo dei Salumi tipici è stato allestito nell’ex Foro Boario di Langhirano; il Museo del Pomodoro è a Giarola, all’interno di una monumentale corte agricola del XIII secolo. Anche la pasta, da qualche mese, ha uno spazio espositivo alla corte di Giarola: il viaggio parte dal chicco di grano e risale tutta la filiera produttiva, per celebrare il prodotto italiano più famoso al mondo. Ogni visita prevede l’assaggio. Il brindisi, invece, nei sotterranei e nella ghiacciaia farnesiana della Rocca di Sala Baganza , dove si ripercorre la storia del vino parmense.

Confetti, liquirizia e dieta mediterranea

Il tempio dei confetti è in Italia, a Sulmona: fondato dalla famiglia Pelino nel 1988, conserva le prime lavorazioni artistiche eseguite all’interno del Monastero di Santa Chiara, realizzate con fili di seta, fiori, spighe, rosari. Insieme ad antichi brevetti e alle attrezzature d’epoca per macinare, tostare e lucidare le mandorle ricoperte di zucchero, una preziosa collezione di bonbonières. La storia della liquirizia, invece, inizia nell’anno 1000 e la racconta a Rossano il Museo fondato da Giorgio Amarelli, allestito in una struttura protoindustriale del 700. Un’iniziativa insignita nel 2001 del Premio Gugghenheim Impresa & Cultura. A Pollica, il Palazzo Vinciprova, ospita il Museo vivente della dieta mediterranea: è intitolato ad Ancel Keys, il ricercatore americano che nel borgo di Pioppi ha studiato per 40 anni lo stile di vita cilentano. Tra i libri del fisiologo statunitense, gli orti, i sentieri, le vasche marine, la tisaneria con il campionario di erbe mediterranee, si riscoprono i benefici di una dieta che l’Unesco nel 2010 ha dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità.

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