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Stufi del Martini cocktail? Provate lo "splash di arselle" (al Salone del gusto)

Non solo chef, contadini e produttori. Per la prima volta sul palco del Lingotto salgono bartender e barlady con i loro mixing glass, strainer e shaker. È la mixology la grande novità dell’edizione 2014 del Salone del Gusto, che giustamente intercetta e racconta uno dei fenomeni F&B degli ultimi anni. Anche l’Italia, finalmente (anche se in clamoroso ritardo con il resto del mondo), può offrire un numero consistente di bar di eccellenza, una nuova generazione di professionisti del bere miscelato e un pubblico più informato e attento alla qualità. E così una parte del padiglione dedicato ai laboratori del gusto è stata trasformata in un bancone oversize dove il pubblico – a differenza delle altre aule tradizionali – ha preso posto sugli sgabelli, proprio come al bar.

A inaugurare i lavori – organizzati insieme al mixology magazine Bartender.it – è stato Michele Di Carlo, “gustosofo” e presidente del Classic Cocktail Club, che ha raccontato bellissime storie di gin, lo spirit che forse più di ogni altro è stato il vero protagonista degli ultimi anni. Il tema centrale non poteva che essere il Martini Cocktail che non va mai shakerato – checché ne dica Mr. Bond (che peraltro lo ordinava con vodka) – ma solo mescolato per non intaccare la fragilità del vermouth. Fondamentali sia la buccia di limone, di cui vanno utilizzati solo gli oli essenziali, e l’oliva, che serve a coprire l’alcol e che va morsa al centro e poi rimessa nel bicchiere per assorbire il gin, come ogni vero “martinista” sa.

Martini cocktail su misura

La prima interpretazione è più secca e tradizionale con un Mayfair, tradizionalissimo London Dry Gin, la seconda più mediterranea con Mare, gin particolamente intenso e aromatico che nel botanical utilizza timo, origano, basilico e rosmarino. “Il Martini Cocktail – spiega Di Carlo – è come un abito su misura che va costruito insieme al cliente in base alla sua voglia del momento. Deve essere vigoroso e imponente ma deve lasciare la voglia di berne subito un altro”. Con lo stesso gin Mare ecco “Maria La Pasionaria”, un cocktail freschissimo e sapido ispirato al Bloody Mary e realizzato con il distillato, una base di colatura di alici di Cetara, succo di limone di Sorrento e sale non trattato, e infine passata di pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto (presidio Slow Food). Va shakerato con molto ghiaccio e poi servito con una foglia di basilico.

La vodka distillata 34 volte

A proposito di gin, c’è ancora tempo fino a lunedì per un salto allo stand della Svezia e scoprire quello prodotto da una piccola e giovane distilleria (fondata nel 2008) dell’isola di Hven, situata nello stretto di Öresund tra Danimarca e Svezia. È un gin biologico rotondo, in equilibrio tra note citriche e dolci, prodotto con un botanical (infuso per 24 ore) in cui prevale la vaniglia, il pepe di Sichuan e il ginepro fresco, e poi fatto maturare in botti di quercia. Dal gin alla vodka, senza uscire dai confini svedesi. Il master blender Thomas Kuuttanen ha creato la Purity, una vodka prodotta nell’antico castello di Ellinge, nel sud del Paese, con grano invernale Gneiss, orzo Tripple e acqua proveniente dalla fonte artesiana del castello, deionizzata per il 70%. L’acquavite viene distillata 34 volte attraverso un doppio passaggio in tre differenti alambicchi in rame e oro per raggiungere una purezza unica.

Dal mare nel Nord alle coste atlantiche del Sudamerica. Deise Novakoski, regina indiscussa della mixology carioca e coordinatrice del progetto sul Museo Brasiliano della Cachaça, ha svelato i segreti di questo distillato derivato dalla canna da zucchero e base fondamentale della caipirinha, diminutivo di caipi, aggettivo che rimanda agli abitanti delle zone rurali del Brasile. La ricetta originale prevedeva cachaça, limone verde, zucchero e miele e veniva utilizzata a São Paulo come rimedio contro il raffreddore. La più interessante tra quelle degustate è sicuramente Maria Boa dal Rio Grande do Norte, cachaça particolarmente minerale perché la canna da zucchero è esposta ai venti marittimi.

Non solo virtuosismi tecnici e creatività, nell’aula mixology, ma anche tante storie e aneddoti sulle principali tendenze e i suoi protagonisti. Tra le più curiose quelle raccontate dalla superstar Dom Costa che ha trascinato il pubblico in un viaggio dalla Jazz Age al proibizionismo, attraverso un doveroso tributo al Professor Jerry Thomas, pioniere della mixology statunitense, e fino ai giorni nostri, momento storico in cui gastronomia e bere miscelato si vanno sempre più avvicinando e si scambiano ingredienti.

E l’aperitivo alle arselle

A dimostrazione di questa tendenza, Vetrina Toscana ha presentato al pubblico il Piatto Forte, un appuntamento dedicato a Forte dei Marmi e agli spaghetti con le arselle. E Valentino Cassanelli, chef del ristorante Lux Lucis del Principe di Forte dei Marmi, ha interpretato questo simbolo gastronomico della Versilia in uno “splash di arselle” preparato con 200 gr di acqua di cottura delle arselle, 40 gr di centrifugato di foglie di prezzemolo e 80 gr di Vodka Ketel One. Il tutto va miscelato bene, servito in una coppa Martini leggermente passata in pasta di chili e oli essenziali di limone, e infine guarnita con un sottile crostino di spaghetti e arselle condite. Un ibrido buonissimo, all’intersezione perfetta tra alta cucina e mixology. Appuntamento a domani con i fashion cocktail di Tommaso Cecca, bartender del Cafè Trussardi di Milano che presenterà un Beer Americano preparato con Campari vermouth e crema di birra, e poi a lunedì per ragionare dietro al banco di mixology molecolare, altra tendenza che sta spopolando da New York a Singapore.

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