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Premiate Trattorie Italiane: una "rete" dal Friuli alla Puglia per…

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Ristoranti

Premiate Trattorie Italiane: una "rete" dal Friuli alla Puglia per la tradizione nel piatto

Gualtiero Marchesi ripete spesso – non per snobismo ma per esperienza – che “l’Italia è un paese di osti e trattorie”. Difficile dargli torto anche se ai due estremi (alta cucina e locali multifunzionali) ci sono realtà validissime. Il problema è quali osti e quali trattorie.

Un lodevole tentativo è quello fatto da un gruppo di patron, già notissimi tra i gourmet e celebrati dalle maggiori guide, di unirsi tra loro sotto lo stesso “cappello”: Premiate Trattorie Italiane. Ecco subito l’elenco, rigorosamente in ordine alfabetico: Amerigo 1934 a Savigno (BO), Antica Trattoria del Gallo a Gaggiano (MI), Antichi Sapori a Montegrosso di Andria (BT), Caffè la Crepa a Isola Dovarese (CR), La Brinca a Ne di Valgraveglia (GE) e Locanda Devetak a Savogna di Isonzo (GO). Tra i soci fondatori c’era anche la Locanda del Gambero Rosso a Bagno di Romagna ma ha chiuso a fine agosto, per i problemi di salute di Giuliana Saragoni, storica chef.

Sei indirizzi dal Friuli alla Puglia

Partiamo dal concetto di Premiate, visto che il resto del brand è chiarissimo. “Noi ci definiamo così non per presunzione – spiega Paolo Reina, patron dell’Antica Trattoria del Gallo, che si è unito al gruppo dei cinque fondatori – siamo premiate dal tempo, dalla storia e dalla clientela. Non siamo di tendenza, semmai da una vita sulla breccia grazie alla qualità dell’offerta e della passione che si tramanda di generazione in generazione”. Sulla proposta culinaria (ed enoica in più caso) non c’è da discutere: ogni locale interpreta al meglio la rispettiva tradizione regionale, senza per forza trascurare il mondo. E il legame con il territorio è di quelli realmente storico. Il “Gallo” è nato nel 1870, più o meno come Locanda Devetak, a quel tempo nei confini dell’Impero austro-ungarico. La famiglia Circella de La Brinca si occupa di cibo e vino dagli anni ’30, quando nacque Amerigo. E se è vero che i fratelli Malinverno, anima de “La Crepa”, hanno iniziato nel 1951, si è scoperto che in quei locali si mescevano vini e liquori già nel 1832… Unica eccezione, sia geografica (il predominio del Nord è chiaro) sia di anzianità di servizio è Antichi Sapori, con l’originalissima cucina – contadina e minimalista – di Pietro Zito.

Prezzo medio entro i 50 euro

Sei sono un numero ristretto, considerando che di buone trattorie è pieno il Paese. “In effetti, il progetto è quello di far entrare nell’associazione altri locali, per arrivare a una dozzina e comunque mai più uno per regione – continua Reina – non si tratta di chiudere le porte, ma è evidente che vogliamo cooptare trattorie serie, con grande stabilità di conduzione e un buon servizio. Oltre chiaramente con piatti di qualità e una valida cantina”. A valutarle, solitamente, ci pensano (dopo ovviamente segnalazione) i padri fondatori per eccellenza: Franco Malinverno e Alberto Bettini. Un paletto fondamentale è il prezzo: un menu della tradizione composto da antipasto, primo, secondo, contorno, dolce, acqua e caffè non deve superare i 50 euro a persona, con l’abbinamento dei vini.

Un esempio per capire, il menu PTI del Caffè La Crepa: piatto di pesce all’isolana (o antipasto misto), tortelli di zucca (o gnocchi del giorno), frittura mista d’acqua dolce (o bollito misto alla cremonese con salsa verde e mostarda), acquerello gelato (o semifreddo al torrone). Il tutto da gustarsi con tre calici scelti dal sommelier o una bottiglia di Lambrusco Mantovano (ogni due persone) o ancora con due birre artigianali. Reina – che per la cronaca preferisce far pagare il menu 45 euro e lascia libera i clienti per la scelta del vino – ci tiene a precisare altri concetti condivisi dal piccolo gruppo di patron. “E’ giusto chiarire che noi siamo un’associazione di osti senza problemi con Slow Food e il Gambero Rosso. Anzi, soprattutto chi di noi ha i Tre Gamberi è fierissimo della cosa. Lavoriamo davvero in modo che la tradizione resti viva, aggiornandola con la tecnica moderna laddove ha un senso. Nelle nostre cucine, il sottovuoto come il roner e la cottura a bassa temperatura sono utilizzate per rendere più buoni e leggeri piatti storici. La differenza è che non lo diciamo ai quattro venti come tantissimi chef stellati che ne fanno il perno della loro cucina quando invece dovrebbe essere il prodotto”.

Non è polemica, semmai la consapevolezza di un impegno storico nella ricerca delle materie prime  e appunto nel modo di lavorare: il già citato bollito del Caffé La Crepa richiede una preparazione non così lontana da quella del famoso Bollito…non bollito di Massimo Bottura. E chi li ha assaggiati entrambi, sa che sono buonissimi: il primo fedele ai dogmi antichi ma aggiornato nella ricetta, il secondo vicino a un’opera d’arte nella forma e avanguardista nella sostanza. Ma sono e saranno italianissimi bolliti. “I bravi chef, e ce ne sono molti a differenza dei geni che sono pochissimi – è la chiusura di Reina – sono quelli che trasformano i piatti della tradizione in gioielli: a me viene subito in mente il risotto al gelato di rape rosse e salsa di gorgonzola di Enrico Bartolini. Fantastico, ma è un risotto. Non una cosa alla Adrià o un riso abbinato agli elementi più lontani dalla nostra cucina”

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