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Vino

Tutti i consorzi vinicoli compatti contro il Piano territoriale toscano: rincorre (a caro prezzo) un'arcadia inesistente

Il Piano di Indirizzo Territoriale (Pit) della regione Toscana almeno un primo risultato l’ha raggiunto: è riuscito a coagulare nelle critiche tutti i principali consorzi dei vini toscani, solitamente espressione di realtà molto diverse fra loro e spesso restii a fare gioco di squadra. E invece tutti i 19 Consorzi di tutela toscani (dai blasonati Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano, a quelli della Vernaccia di San Gimignano, Doc Bolgheri, Morellino di Scansano o Orcia) si sono ritrovati per una volta dallo stesso lato della barricata, quella opposta al discusso Piano di Indirizzo Territoriale. Un Piano che – in estrema sintesi – si spinge a bollare come “fuori controllo” la viticoltura estensiva che caratterizza ampie aree della regione, e i vigneti che ricoprono intere colline come «elementi che nell’attuale dimensione, deturpano il paesaggio». E per questi motivi il Piano raccomanda un ritorno all’agricoltura “agrosilvopastorale” di cui negli anni si è persa traccia.
Dal canto loro i consorzi che riuniscono una larghissima fetta dei produttori vitivinicoli toscani hanno presentato e sottoscritto un documento con le proprie osservazioni al Piano Paesaggistico per chiedere alla Regione e senza mezzi termini di «riscriverlo daccapo».

Non mancano le positive novità (poche)

I consorzi nel proprio documento hanno riconosciuto come il piano “monstre” (oltre 3mila pagine la cui redazione è costata, si vocifera, circa un milione di euro) porti con sé alcune positive novità soprattutto riguardo all’attenzione posta sul consumo del suolo «ma per quanto riguarda gli aspetti agricoli e vitivinicoli – si legge in una nota congiunta – non possiamo che ribadire il nostro giudizio negativo. Anzi, riteniamo che se fosse approvato così come è questo Piano farebbe compiere all’agricoltura toscana un salto indietro di decenni con danni irreversibili all’economia, all’occupazione e persino all’ambiente e al territorio rurale». Cioè proprio quegli aspetti che si vorrebbero tutelare.

Un progetto “anacronistico e sbagliato”

I consorzi nel rendere note le proprie osservazioni hanno ribadito come il Piano è anacronistico nei suoi assunti teorici e nei suoi obiettivi pratici «perché – si legge nel documento – punta alla ricostituzione di un paesaggio agrario che non c’è più, superato dalla storia dell’ultimo secolo. Nel 2014 non si può seriamente pensare, come prevede in alcune parti il Piano, di ricostituire nelle nostre colline un paesaggio “agrosilvopastorale” quando l’assetto sociale che lo sorreggeva è scomparso da decenni. Il Piano non si limita a trattare del paesaggio e della sua tutela in un contesto dinamico, ma piuttosto si spinge ad indicare anche il tipo di economia che vi si dovrebbe praticare, senza preoccuparsi della sua praticabilità e dei suoi effetti».

Un documento complesso e contraddittorio

Le principali preoccupazioni sollevate dai produttori toscani è che il documento messo a punto dalla Regione risulta oltre che complesso, incoerente e contraddittorio. «Chiunque lo legga – è stato fatto notare dai Consorzi di tutela – si rende immediatamente conto che viene lasciato un enorme potere discrezionale a quei funzionari pubblici che sono chiamati ad interpretarlo. Aspetto che molto probabilmente si tradurrebbe in nuovi pesanti oneri burocratici per le imprese». Il tutto in una visione troppo poco dinamica nella quale non si tiene conto del fatto che «se il vino toscano ha raggiunto nel mondo una posizione di assoluta eccellenza, lo dobbiamo agli enormi investimenti delle aziende in impianti e tecnologie, oltre al lavoro appassionato e alle competenze di decine di migliaia di addetti. Mentre nel Piano, ed in particolare nelle schede che trattano i singoli territori, la viticultura specializzata viene definita una delle criticità più rilevanti per l’assetto paesaggistico, arrivando addirittura a chiedere di prevenire “l’espansione ingiustificata della cultura viticola”».

I vignerons chiedono di essere coinvolti in un nuovo piano

I viticoltori toscani quindi chiedono di essere coinvolti nella stesura di un nuovo Piano Paesaggistico convinti che il paesaggio toscano sia un valore condiviso dai cittadini e dalle aziende. «Al Consiglio Regionale e al Presidente Rossi – conclude il documento congiunto – vogliamo ribadire quanto abbiamo già detto: ripensateci, prima che sia troppo tardi». D’altro canto come ha ricordato il presidente del Consorzio del Chianti, Giovanni Busi: «Prima di richiedere il ripristino di un’agricoltura che non c’è più bastava farsi una semplice domanda: se c’è un appezzamento di terra incolta, è perché per l’agricoltore che l’ha abbandonato non c’è più alcuna economicità nel coltivarlo».
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