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Scozia: perché i produttori di whisky votano "no"

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Scozia: perché i produttori di whisky votano "no"

La Scozia esporta quaranta bottiglie di whisky ogni secondo: assieme al petrolio del mare del Nord lo scotch é di gran lunga l’export di maggiore successo, che vale 4,3 miliardi di sterline all’anno. Lo storico referendum di oggi però mette a repentaglio non solo l’appartenenza al Regno Unito ma anche il futuro dello scotch whisky, secondo l’associazione dei produttori.

Il rischio di un aumento dei prezzi

Se gli scozzesi oggi voteranno a favore dell’indipendenza, la Scozia cesserà di far parte dell’Unione europea e perderà quindi l’accesso privilegiato ai mercati chiave, che rappresentano metà delle vendite. I produttori temono un lungo periodo di incertezza, un calo della competitività e delle vendite e un incremento dei costi (senza i sussidi europei anche l’orzo, ingrediente chiave del whisky di malto, diventerebbe più caro). Per i consumatori di whisky di tutto il mondo la funesta prospettiva é di un aumento dei prezzi.
“Un’interruzione solo temporanea della partecipazione alla Ue con la relativa esclusione dal mercato unico sarebbe dannosa e difficile da gestire, – ha avvertito David Frost, amministratore delegato della Scottish Whisky Association. – Siamo un settore orientato all’export e quindi contiamo sul sostegno del Governo all’estero, che si tratti di influenzare i negoziati Ue o di convincere altri Paesi ad agevolare l’accesso ai loro mercati”.

Diageo e Pernod Ricard contro l’indipendenza

A schierarsi contro l’indipendenza della Scozia sono stati sia i grandi gruppi Diageo e Pernod Ricard, che controllano brand come Johnnie Walker, Glenlivet e Lagavulin, che i produttori locali di whisky come Macallan e Glenfiddich. Mentre molte banche hanno già avvertito che trasferiranno le loro sedi da Edimburgo a Londra se vincerà l’indipendenza, i produttori di whisky sono ancorati alla loro terra. “Il whisky scozzese deve essere prodotto in Scozia, e 35mila posti di lavoro dipendono dal nostro settore,” ha sottolineato Frost.
L’appartenenza alla Ue e la presenza capillare di ambasciate britanniche agguerritissime hanno non solo aperto nuovi mercati al whisky scozzese, ma lo hanno anche tutelato da dazi punitivi e protetto dalle imitazioni a basso costo. Il whisky scozzese viene ora esportato in 200 Paesi, da Singapore agli Stati Uniti, dalla Cina al Sudafrica. La Scozia indipendente, che prevede di avere al massimo una novantina di ambasciate nel mondo, sarebbe un peso piuma nelle dispute commerciali e sui marchi.

Ipotesi nuovi dazi dopo l’uscita dalla Ue

C’é poi la totale incertezza sulla valuta della Scozia indipendente: sterlina, come vorrebbe il Governo, euro, come ritengono molti economisti, o un nuovo ‘pound scozzese’ tutto da creare. Per questo il pessimismo dei produttori di whisky é del tutto giustificato, secondo gli analisti del settore. Andrea Pistacchi di Citi Bank ha scritto che i due rischi maggiori sono l’imposizione di dazi e l’instabilità della valuta, che “renderebbe molto difficile dare un prezzo allo scotch”. Anche Elena Saputo di Rabobank ha avvertito che la Scozia dovrà fare anticamera per diversi anni prima di rientrare nella Ue e quindi “dovrebbe affrontare una maggiore concorrenza dai produttori di altri liquori e potrebbe perdere competitività nei mercati chiave europei.”

Gli indipendentisti: difenderemo la gallina dalle uova d’oro

Il premier scozzese Alex Salmond, che ha voluto e ottenuto il referendum, sostiene che l’indipendenza valorizzerebbe il whisky e che il Governo proteggerebbe la sua ‘gallina dalle uova d’oro’. E sottolinea che se vincerá il sí all’indipendenza, Edimburgo e Londra dovranno trovare un accordo di libero scambio, perché nessuno dei due ha interesse ad alzare muri tariffari. Quindi l’export verso il Regno Unito, che é di gran lunga il primo mercato per il whisky scozzese (del valore di 2 miliardi di sterline lo scorso anno), non sarebbe scalfito. La situazione con la Ue, secondo Salmond, sarebbe simile.
Il problema é l’incertezza: nessuno sa esattamente cosa accadrà domani se oggi gli scozzesi sceglieranno la separazione da Londra dopo oltre trecento anni di unione. Tra i tanti punti interrogativi c’é anche il rischio di danneggiare un settore che negli ultimi anni ha accelerato le vendite e inanellato successi.

L’esperienza irlandese insegna

Il valore delle esportazioni di whisky scozzese é raddoppiato negli ultimi dieci anni, passando dai 2,2 miliardi di sterline del 2004 ai 4,2 miliardi del 2013 (che quest’anno saranno superati). C’é chi fa notare che un secolo fa il whisky irlandese aveva una quota di mercato superiore al suo ‘cugino’ scozzese. Come e quando é riuscito a effettuare il sorpasso il whisky scozzese? Guarda caso, dopo l’indipendenza dell’Irlanda dal Regno Unito.

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