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La Guinness si fa "bionda" per conquistare il mercato americano

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La Guinness si fa "bionda" per conquistare il mercato americano

“A blonde Guinness, please”. Eresia? No, marketing: la Guinness, lo storico marchio di birra stout, sta corteggiando il mercato americano con una versione lager che rivendica fin dal nome la sua diversità dalla “black stuff” nata e fermentata in Irlanda. La nuova serie, chiamata per esteso Guinness Blonde American Lager, è il primo frutto sul mercato della cosiddetta “Discoveries Series”: una gamma di sperimentazioni e prodotti inediti che svecchia la linea del marchio e intercetta il gusto dei consumatori per tutto quello che ruota nella produzione artigianale. Certo: il primato della scura resta intatto, alla vigilia di una campagna pubblicitaria che si intensificherà in autunno. Ma in un mercato Usa che salta senza imbarazzi tra Indian Pale Ale, microbirrerie e giganti commerciali come Bud o Coors, la novità potrebbe rinfrescare l’immagine di una stout che ha già venduto oltre ogni record e cerca il riscatto dai risultati non entusiasmanti della recente Guinness Black Lager.

Lievito irlandese, ingredienti americani. E uno spot su Playboy

La Guinness bionda, per inciso, sarà americana fin dal polo di produzione: Latrobe, in Pennsylvania, patria della storica Rolling Rock Beer (oggi incorporata da Anheuser Busch, il marchio della Bud) e crocevia della birra made in Usa. L’azienda che si è aggiudicata la realizzazione, la “birreria a contratto” City Brewery, lavorerà con un lievito importato da Dublino e ingredienti locali. Il risultato, spiega la multinazionale britannica Diageo che oggi detiene il marchio Guinness, è una fermentazione fusa tra gli aromi delle lager che spopolano negli Stati Uniti e i sentori in arrivo dall’altra sponda dell’Atlantico. La Guinness è fermentata in più di 40 paesi al mondo, dall’Europa all’Africa, ma il mercato Usa è sempre rimasto fedele a bottiglie e volumi importati dalla cara (e idealizzata) Irlanda. Insomma: lager sì, american sì, ma con aromi che rendano più “internazionale” un’etichetta che si fa largo nel craft movement, il movimento dei produttori artigianali. Il target? La Guinness non disdegna il grande pubblico, visto il presidio televiso che dovrebbe scattare a metà ottobre e il preludio affidato a una rivista non proprio di settore come Playboy: nello spazio pubblicitiario acquistato sulla rivista di Hugh Hefner, l’azienda assicura che la “bionda più chiacchierata dagli americani arriverà da una fonte inattesa”.

I precedenti: dalla Giamaica all’Irlanda

Non è la prima volta che giganti esteri si rivedono in chiave americana, cercando di far breccia tra linee più commerciali come Bud e la sua variante “dietetica” Bud Light. Ne sa qualcosa la stessa Diageo, che dopo anni di esportazioni ha appena trasferito negli Stati Uniti la produzione del suo marchio jamaicano Red Stripe, già noto come sponsor della nazionale olimpionica di bob dell’isola caraibica. La sfida più ostica, però, sono i gusti: la Guinness sarà anche “magica” e valutata con 79 su 100 dall’iper critico Beer Advocate, ma nell’immaginario americano resta pesante o addirittura indigesta. La nuova lager è più chiara dell’80% rispetto alla sorella maggiore. E se la black stuff non ha conquistato tutti, da New York a Los Angeles, quella un po’ meno “dark” potrebbe dare vita nuova al vecchio brand di Dublino.

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