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La gastronomia? E' soprattutto economia

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La gastronomia? E' soprattutto economia

Oltre 2 milioni di italiani cercano e commentano ricette online, 1 milione e mezzo cerca e scrive giudizi su TripAdvisor, più di 10 milioni di fotografie di piatti sono condivise e valutate ogni mese su Instagram e oltre 1 milione di persone segue Masterchef. È la fotografia della critica gastronomica fai-da-te in italia. Un fenomeno in crescita, ma senza regole. Critici improvvisati che, in buona fede o meno, hanno il potere di mettere a rischio una parte importante dell’economia italiana, ovvero la ristorazione. Come arginare il fenomeno? Impossibile, meglio, allora, insegnare a criticare bene.

Così, non è un caso che nel giro di pochi mesi siano usciti due manuali – pur con modalità e linguaggi diversi – per far imparare al pubblico l’arte della critica gastronomica. E far crescere gourmet ‘consapevoli’.

“Prêt-à-gourmet. Come diventare un vero gourmet a prova di gaffes” (Mondadori Electa) di Gianluca Biscalchin e “Mangiato Bene? Le 7 regole per riconoscere la buona cucina” (Salani Editore) di Roberta Schira sono appunto i primi tentativi di mettere nelle mani del grande pubblico i meccanismi di decifrazione di questo universo. Ma serve davvero attenersi a delle ‘regole’ per apprezzare e capire la buona cucina?

A rispondere è la stessa Schira, scrittrice, saggista e critica gastronomica, spiegando cosa l’ha spinta a scrivere il suo ultimo volume, appena uscito per Salani. “Prima di parlare di cibo bisognerebbe tenere presente che la gastronomia è insieme storia, scienza, economia, agricoltura e politica, e il giudizio sulla gastronomia influenza sempre più la realtà e la società. Se stronco tre ristoranti vegetariani, metto in forse un produttore di ortaggi: la critica gastronomica ha un forte impatto sull’economia, la gastronomia è soprattutto economia. Allora ha ragione Petrini quando dice che mangiare è il primo atto agricolo”. Ma soprattutto, secondo Schira, bisogna uscire dall’equivoco che il giudizio sul cibo dia ‘potere su’ (una tentazione che prende parecchi, professionisti e non), piuttosto deve avere ‘potere di’. “Di cambiare le cose, far conoscere i meritevoli, aiutare chi non ha voce, muovere il mercato: questi sono gli obiettivi e le conseguenze del raccontare il mondo della ristorazione. E farlo nella consapevolezza che possiamo sbagliare, nella visione non di onnipotenza, ma di un compito da eseguire con responsabilità”. In questa riflessione Schira non risparmia, quindi, nemmeno la lobby dei critici gastronomici che influenzano i fatturati dei ristoranti né quella delle guide classiche di cui decreta la morte. “Non voglio togliere il potere alla critica – prosegue Schira. Anche se noi critici non volessimo condividere gli strumenti di giudizio, gli utenti se li prendono da soli. Tanto vale educarli: se ci sono milioni di persone che vogliono dire la loro, ma non hanno la preparazione, spieghiamogli quali sono questi criteri, condividiamoli. Tutti hanno bisogno di regole che non sono più quelle di una volta. Il mio libro va contro le guide: ormai sono datate, cerchiamo di guardare avanti!”.

Ed eccole le sette regole d’oro del libro che vuole prendere per mano i lettori, chi ama mangiare fuori e vuole capire dov’è il buono – dal ristorante stellato alla pizzeria sottocasa – e gli insegna a osservare il quotidiano e giudicarlo sulla base di principi universali:

1. Ingredienti: Saper cogliere l’essenza delle cose al culmine della loro pienezza.

2. Tecnica: Saper manipolare, trasformare con metodo la materia prima in opera finita.

3. Genio: Saper percorrere strade nuove attraverso creatività, inventiva e stile personale.

4. Armonia. Saper mirare alla perfezione attraverso un percorso di compiutezza dinamica.

5. Atmosfera: Saper emozionare con un insieme di dettagli che porti a dire “Mi sento bene qui”.

6. Progetto: Saper comunicare con il proprio operato uno slancio positivo verso il mondo.

7. Valore: Sapersi chiedere ogni volta onestamente: “Ho dato il giusto per ciò che ho ricevuto?”.

Alla prosa intelligente e divertita di Schira, si affiancano infine 19 contributi di ‘amanti della cucina’, esperti del mondo del cibo, dell’economia, della cultura, da Massimo Bottura a Oscar Farinetti, da Davide Oltolini a Carlo Petrini, in un’animata tavola rotonda sulla critica gastronomica.

Più irriverente e a metà strada tra il manuale e il fumetto è invece il volume di Biscalchin che, accompagnando una prosa divertente con la sua matita fantasiosa, ha creato un libro illustrato per neofiti. Cosa sapere, cosa fare e cosa evitare per diventare gourmet ed entrare nella gastrosociety senza fare brutte figure: come riconoscere e degustare il vino, come comportarsi in un ristorante stellato, come capire se la cucina è davvero buona e quali sono le ultime tendenze in campo culinario. Il tutto senza farsi fregare.

“Visto il successo che sta avendo la galassia della cucina, anche fuori dai grandi ristoranti, e visto che c’è una crescente curiosità da parte del pubblico/fruitore – spiega l’autore –, ho scritto una specie di manuale scherzoso per non iniziati. Ho cercato, cioè, di rovesciare il tavolo e di spiegare i meccanismi dal punto di vista di un neofita, di chi si è goffamente introdotto in questo mondo”. Via libera, quindi, alla critica improvvisata e indiscriminata? Nient’affatto. Il suo è il punto di vista di uno che dichiara senza problemi amare gli chef e di pensare tutto il male possibile di TripAdvisor&co. “Non mi piacciono perché questi strumenti, che sono accessibili a tutti, danno a tutti la possibilità di dire qualunque cosa senza criterio, senza riflessione e spesso senza buona fede. Sono un campionario critico assolutamente inattendibile. I ristoranti sono imprese commerciali, non dobbiamo dimenticarlo. Oggi la loro situazione è molto seria, è tutta una parte di economia italiana messa a rischio da giudizi improvvisati”. Come a dire che siccome la cucina è ovunque e trasformarsi in un gourmet è diventato quasi un imperativo sociale, non basta più essere un gourmand, bisogna acquisire altre capacità, superiori. E Biscalchin, illustro-giornalista gastronomico, queste capacità le insegna con divertimento e ironia, perché “tanto oggi non legge più nessuno, si guardano solo le figure”.

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