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Lotta allo spreco: a Boston nasce il fast food del cibo scaduto (pasto…

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Lotta allo spreco: a Boston nasce il fast food del cibo scaduto (pasto completo a 3 dollari)

Un fast food specializzato in cibi scaduti. Non è una stravagante idea di marketing, ma una delle tante conseguenze della crisi che attanaglia le economie occidentali ormai da più di cinque anni.

L’idea arriva da oltreoceano e precisamente da Dorchester, quartiere operaio di Boston, dove l’imprenditore Joe Doug Rauch ha deciso di aprire questo insolito negozio di alimentari e di affrontare questa sfida. A Rauch l’idea è venuta partendo da alcuni dati ormai assodati.

Uno spreco da 165 miliardi di dollari

Il primo elemento da considerare è che la stragrande maggioranza dei consumatori – a qualsiasi latitudine – butta via senza pensarci due volte intere confezioni di cibo appena si rende conto che il termine di scadenza è trascorso, anche se magari soltanto da poche ore. Per avere un’idea delle dimensioni dello spreco basta leggere i risultati di uno studio condotto nel 2012 sulle abitudini dei consumatori americani: quasi il 40% del cibo prodotto ogni anno viene gettato, l’equivalente di 165 miliardi di dollari (più o meno 121 miliardi di euro). Non solo. Sfiora il 90% la percentuale di cittadini Usa che decide di buttare via prematuramente il cibo basandosi esclusivamente sulla data di scadenza per paura di conseguenze negative per la propria salute.

Il punto è che le date di scadenza indicate sulle confezioni sono sempre estremamente prudenti e qualche volta talmente prudenti da risultare addirittura “arbitrarie”, come le definisce il rapporto elaborato dal Natural Resources Defense Council in collaborazione con la Harvard Law School e pubblicato lo scorso settembre. In altre parole, secondo gli esperti le date di scadenza sono semplicemente indicative (“best before” riportano le etichette Usa, che corrisponde al “da consumarsi preferibilmente entro” in italiano) e riguardano la freschezza dell’alimento, non certo la sua sicurezza. Così il cibo che viene gettato senza scrupoli da consumatori male informati il più delle volte risulta essere perfettamente commestibile, sano e nutriente.

Doug Rauch aprirà il Daily Table per recuperare e utilizzare il cibo scaduto

Al Daily Table un pasto caldo a poco più di due euro

La scommessa di mister Rauch è tutta qui: convincere da qui a maggio (quando aprirà il suo supermercato che dovrebbe prendere il nome di “Daily Table”) quel 15% di cittadini americani in grave difficoltà economica che i suoi alimenti scaduti sono molto più sani del cibo-spazzatura (junk-food), unica alternativa per chi fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Il coraggioso imprenditore del Nord-Est (Usa), infatti, ha intenzione di offrire molta frutta e verdura appena scaduta e anche di preparare numerosi piatti con gli alimenti che hanno passato la fatidica data, anche perché, una volta cotto, il cibo si mantiene perfettamente commestibile per un lasso di tempo ancora più lungo.

“Una volta – spiega Rauch in una godibilissima intervista al New York Times – si prendeva la bottiglia di latte dal frigo, la si apriva e la si annusava: se l’odore era ancora buono si beveva, se era cattivo si buttava. La gente si preoccupa della sicurezza alimentare, ha paura dell’Escherichia coli e della salmonella, ma  la verità è che praticamente tutti i decessi legati al cibo in America sono stati causati da alimenti non scaduti. C’è un sacco di cibo là fuori che è sano, ha un ottimo sapore ed è in via di dismissione solo perché risulta leggermente danneggiato o magari solo perché ha uno strano aspetto. Noi lo raccoglieremo, lo porteremo nel nostro negozio e lo useremo per cucinare pasti caldi e insieme offriremo latte, uova, pane, frutta e verdura”.

La cosa più incredibile è che un pasto totalmente sano come quello che Rauch ha intenzione di offrire ai suoi clienti verrà a costare intorno ai tre dollari (circa 2,20 euro), che è esattamente la cifra che una famiglia americana in difficoltà riceve dallo Stato come sussidio per un pasto. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, l’imprenditore americano ha bisogno di contenere il più possibile i costi ed è proprio per questo che ha deciso di costituire il suo “Daily Table” in forma no profit: in questo modo tanto per lui, quanto per i suoi fornitori (quei negozi che peraltro non vedranno l’ora di liberarsi degli alimenti scaduti) sarà possibile ottenere cospicue detrazioni fiscali.

La sfida è lanciata, ma il business avrà successo? Rauch è fiducioso: “Come per ogni cosa, servirà il passaparola. Quei clienti che usciranno soddisfatti dal nostro negozio diventeranno i nostri testimonial. Parleranno con i loro vicini, i vicini si incuriosiranno e verranno a loro volta a provare”.

E in Italia è lotta allo spreco

Da noi una simile impresa potrebbe funzionare? In Italia, dove la popolazione è cinque volte inferiore a quella degli Stati Uniti, i numeri dello spreco di cibo sono più piccoli ma comunque impressionanti: secondo i dati del Ministero dell’Ambiente ogni famiglia italiana butta in media circa 200 grammi di cibo a settimana per un totale di circa 8,7 miliardi di euro l’anno. Sempre secondo gli studi condotti dal Ministero, poi, ogni anno si potrebbero recuperare oltre 300mila tonnellate di alimenti scaduti dalla distribuzione grande e piccola e quindi ci sarebbe abbondante materia prima per mettere in piedi un Daily Table nel Belpaese. Al momento, però, nessuno sembra avere il coraggio di seguire l’esempio di Rauch e gli alimenti scaduti al massimo si regalano. In compenso il prossimo 5 febbraio il Ministero dell’Ambiente lancerà gli Stati generali contro lo spreco di cibo. L’obiettivo è quello di recuperare gli alimenti che vengono scartati e, a monte, cercare di prevenire lo spreco intervenendo “prima che una sostanza, un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto”. Il coordinamento degli Stati generali sarà garantito da Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market, società spin-off dell’Università di Bologna, già da tempo attiva in progetti per il recupero dei beni invenduti a favore di enti caritativi.

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